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«La città assente»: Ricardo Piglia e il bisogno di raccontare storie

redazione Autori, Ricardo Piglia, SUR

Illustrazione di Luis Scafati

Per presentarvi La città assente di Ricardo Piglia, a brevissimo in libreria, pubblichiamo oggi la prima parte della prefazione di Sergio Waisman all’edizione statunitense del libro, uscita nel 2000 per la Duke University Press.

di Sergio Waisman
traduzione dall’inglese di Mario Tardone

Ricardo Piglia e la sua opera

Ricardo Piglia è nato ad Adrogué, nella provincia di Buenos Aires, nel 1940. Il suo primo libro, una raccolta di racconti intitolata Jaulario (La invasión nell’edizione argentina), ricevette un importante premio dalla Casa de las Américas nel 1967. Da allora ha pubblicato altre tre raccolte di racconti – Nombre falso (1975), Prisión perpetua (1988) e Cuentos morales (1994) – e tre romanzi: Respirazione artificiale (Respiración artificial, 1980), La città assente (La ciudad ausente, 1992) e Soldi bruciati (Plata quemada, 1997), che vinse il Premio Planeta. È anche autore di numerosi saggi critici, fra cui tre edizioni della raccolta Crítica y ficción (1986, 1990 e 1993). Il suo ultimo libro è Formas breves (1999), una raccolta di brevi saggi critici in forma narrativa.[1] Negli ultimi anni Piglia ha anche lavorato a diversi progetti cinematografici. Tra le altre cose, ha scritto la sceneggiatura originale di Corazón iluminado, diretto da Héctor Babenco, e un adattamento del Cantiere di Juan Carlos Onetti. Le sue opere critiche e narrative sono state tradotte in inglese, francese, portoghese, tedesco e italiano.

Nombre falso, raccolta di cinque racconti più la novella che dà il titolo al libro, ha segnato un momento importante nel percorso di Piglia e ne ha affermato la caratura internazionale con sorprendente singolarità. Nella novella, lo stesso autore è il protagonista che cerca di risolvere il mistero di un manoscritto inedito che si presume sia opera dello scrittore argentino Roberto Arlt. Nella prima parte, «Homenaje a Roberto Arlt», la finzione narrativa si sdoppia in critica letteraria, secondo un genere esemplificato magistralmente da Jorge Luis Borges e qui ripreso da Piglia. La seconda parte della novella, invece, riproduce il misterioso manoscritto, «Luba».

Quando Nombre falso apparve per la prima volta in Argentina, Mirta Arlt, la figlia di Roberto Arlt, telefonò a Ricardo Piglia per dirgli che non conosceva questo racconto del padre, e che comunque Piglia non avrebbe dovuto pubblicarlo senza chiederle il permesso. Negli Stati Uniti, la Library of Congress catalogò «Luba» fra le opere di Roberto Arlt, errore che a tutt’oggi non è stato corretto. Questi episodi testimoniano l’importanza che nella scrittura di Piglia hanno questioni come l’originalità, la traduzione e la ricontestualizzazione.

Respirazione artificiale è uno dei maggiori romanzi latinoamericani degli anni Ottanta, e forse il più importante del periodo della «guerra sporca» in Argentina. È un libro che contiene molti livelli di ironia e doppi sensi, di mistero e dislocazioni. Il narratore, Renzi (un personaggio che fa la sua comparsa in molte opere di Piglia), è alla ricerca dello zio che è sparito, e la ricerca conduce a una serie di conversazioni rivelatorie riguardo la storia, l’esilio, la letteratura. Scritto in un periodo in cui l’Argentina stava conoscendo la più repressiva dittatura militare della sua storia, mentre migliaia di cittadini venivano fatti «sparire» dal governo (fatti non esplicitamente menzionati nel romanzo), Respirazione artificiale sposta l’attenzione e si concentra sui disordini politici dell’Ottocento argentino, non trascurando la dittatura di Rosas nella prima metà del secolo. In un’epoca di censura attiva da parte del regime militare, il romanzo presenta un personaggio che è un censore alle prese con la decifrazione di lettere e messaggi in codice.

Soldi bruciati è un romanzo elettrizzante, dal ritmo rapido, che ruota intorno ai raccapriccianti crimini di due personaggi fuori dall’ordinario, i quali fuggono dalla polizia dopo aver rapinato una banca. Soldi bruciati esplora il rapporto tra queste due personalità marginali, e al contempo i legami tra il crimine e la comunità, tra il denaro e l’identità.

 

La città assente: la seduzione della storia

La città assente è un romanzo affascinante che attinge a diversi generi letterari. Da una parte ricorda il poliziesco: Junior, figlio di immigrati inglesi in Argentina, è un giornalista che cerca di risolvere il mistero che sta sconvolgendo la città di Buenos Aires. Ma La città assente è molto più di un romanzo poliziesco, perché, in un certo senso, la città diventa metafora del romanzo, e viceversa. Il mondo in cui si muove Junior è una Buenos Aires futuristica, in cui la cartografia urbana è costruita da una serie di vicende romanzesche. L’intreccio di ciascuna di queste storie (scritte in diversi toni, o registri) si moltiplica al loro reciproco intersecarsi (come strade e viali di una città) e dispiegarsi, dando vita all’enigma del testo (il testo scritto, ma anche quello geografico e politico) che Junior sta cercando di risolvere.

Al centro del romanzo e della città si trova un’insolita eroina, Elena, che un tempo era una donna ed è adesso una macchina (è il centro del romanzo e della città nel senso che è lei a comporre le storie che animano entrambi). Elena era la moglie dello scrittore e filosofo argentino Macedonio Fernández. Nel romanzo, Macedonio cerca di salvarla, quando lei si ammala incurabilmente, trasferendo i suoi ricordi in una macchina. In questo modo, sotto la superficie scorre anche una storia di amore e perdita. Un uomo perde la donna che ama; non riesce a sopportare la perdita; perciò costruisce una macchina che possa preservarne i ricordi; la macchina sopravvive poi all’uomo stesso.

Tutto ciò avviene in una città sottoposta a una stretta sorveglianza poliziesca. Il contesto repressivo ricorda al lettore il travagliatissimo passato militare dell’Argentina, in particolare il periodo della dittatura che va dal 1976 al 1983. Ma ha anche un’assonanza più ampia con i pericoli di tutti i regimi totalitari, e con alcune delle atrocità che nel Novecento essi hanno commesso. Un altro tema che emerge è dunque il potere del linguaggio nel creare e definire la realtà: la versione ufficiale della storia imposta dallo Stato; una macchina che produce storie che diventano reali; i tentativi della polizia di controllare il flusso delle informazioni; un mondo in cui le persone creano racconti nel tentativo di riscrivere la storia o di evitare che altri lo facciano al loro posto. Il proliferare di racconti nella Città assente assume importanza come modo di sfidare le versioni ufficiali della realtà. Attraverso una serie di riproduzioni, traduzioni, simulacri e simulazioni, le storie divengono luogo di resistenza estetica e politica.

I diversi generi che confluiscono nella Città assente – il poliziesco, la storia d’amore, il romanzo politico o quello storico, la fantascienza – si interrompono e incrociano l’un l’altro (come le varie linee narrative) scardinando la forma tradizionale del romanzo, e ciò costituisce una cifra importante dello stile innovativo di Piglia. Più che a una combinazione di generi, di trame, ci troviamo di fronte a una ricombinazione distorta o, meglio ancora, frammentata. Non c’è un singolo genere o una singola trama che contenga l’intero romanzo, eppure tutte cercano di raccontare una storia simile, persino laddove puntano in direzioni diverse. Ad esempio, si potrebbe essere tentati di concepire la Città assente come un romanzo politico, per via dei suoi specifici riferimenti e richiami storici. Ma il testo lavora anche con una serie di deliri paranoici, in cui non è mai possibile stabilire se i soggetti siano davvero vittime di un più ampio complotto o se le loro convinzioni siano un parto della mente.

Un altro genere che il lettore potrebbe individuare è la versione cyberpunk della fantascienza, sulla scia dell’opera di William Burroughs. Le stesse storie intrecciate formano una rete – di trame, personaggi, riferimenti storici e letterari, mezzi di comunicazione – che sembra esistere in una realtà virtuale, soprattutto nella misura in cui hanno origine da una macchina. Una macchina che fabbrica storie; un’inchiesta (condotta da Junior, e dal lettore) che fluttua tra il passato, il presente e il futuro; le potenzialità dell’intelligenza artificiale e della neurochirurgia applicate alle tecniche di interrogatorio e di sorveglianza; l’alterazione della coscienza tramite le droghe combinata con le ambiguità allucinatorie: tutti elementi che contribuiscono all’idea di una narrazione di fantascienza.

Ad ogni modo, come per gli altri elementi della Città assente, esiste più di una spiegazione possibile. Le storie zigzaganti raccontate da una donna che vuole sedurre e sopravvivere richiamano alla mente del lettore anche la Sheherazade delle Mille e una notte. In altre parole, hanno a che fare con una tradizione antica quanto la stessa letteratura, il bisogno di raccontare storie, di ascoltare storie, che chiama in causa il rapporto tra il desiderio e l’arte della narrazione, tra la scrittura e la percezione della realtà.


[1] In seguito alla stesura di questa introduzione sono usciti anche i saggi L’ultimo lettore (El último lector, 2005) e il romanzo Bersaglio notturno (Blanco nocturno, 2010). [n.d.t.]

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