011-ARLT-UN-VIAGGIO-TERRIBILE-478×700

Alla scoperta dell’iceberg Arlt

Raul Schenardi Autori, Ritratti, Roberto Arlt, SUR

In attesa della raccolta di racconti Scrittore fallito, prevista nelle nostre prossime uscite, pubblichiamo oggi la postfazione di Raul Schenardi a Un viaggio terribile di Roberto Arlt, di recente pubblicato nella collana Gli eccentrici di edizioni Arcoiris, che traccia un brillante profilo dell’autore e dei suoi tanti volti ancora quasi sconosciuti in Italia.

«Alla scoperta dell’iceberg Arlt»
di Raul Schenardi

Bisognerà pure domandarsi prima o poi come mai la grande editoria italiana sia stata così ingenerosa o disattenta nei confronti dell’opera di Roberto Arlt: silenzio tombale sulla drammaturgia e sull’attività giornalistica,[1] fugaci apparizioni di una manciata di racconti,[2] sporadiche comparse dei romanzi: Il giocattolo rabbioso, I sette pazzi e I lanciafiamme;[3] e fino a ieri nessuno si era mai accorto dell’esistenza di El amor brujo.[4]

E non stiamo parlando di uno scrittore di “seconda fila”: per quanto discussa e perlopiù misconosciuta in passato, mentre l’autore era in vita, la figura di Arlt non ha cessato di crescere nella considerazione della critica, almeno a partire dall’appassionata difesa di Ricardo Piglia negli anni Settanta, fino alla “consacrazione” sancita da César Aira: «È il più grande romanziere argentino».[5]

Vorrei azzardare di sfuggita almeno due ipotesi sulla scarsa fortuna editoriale di Arlt in Italia: la sua estraneità al canone ufficiale argentino, rappresentato nella seconda metà del Novecento da Borges e Cortázar – per non parlare della sua distanza dal realismo magico –, e le sue posizioni politiche venate di individualismo anarchico, che non lo rendevano particolarmente appetibile per un’editoria di sinistra piuttosto ortodossa.

Sta di fatto che i lettori italiani hanno avuto modo di conoscere soltanto un aspetto dell’opera di Arlt, quello del creatore del romanzo urbano argentino e di personaggi dostoevskiani alle prese con feroci drammi psicologici. In estrema sintesi, una narrativa d’impronta realistica, lontana però dal naturalismo e caratterizzata piuttosto dalle stimmate dell’espressionismo, dal gusto per il grottesco e la dismisura e da uno humour particolarmente acido.

Della parte sommersa dell’iceberg Arlt fa parte Un viaggio terribile, insieme a numerosi racconti pubblicati in riviste di ampia tiratura ma mai raccolti in volume dall’autore,[6] diversi dei quali appartengono anch’essi a pieno titolo alla letteratura fantastica[7] (fra questi «La muerte del sol»[8] – l’incubo di un portiere di notte che non vede sorgere il sole –, e «La ola de perfume verde»[9] – che descrive gli effetti su persone e animali di una fragranza di origine extraterrestre che invade il pianeta. El traje del fantasma, lungo racconto di ispirazione fantastica, non figura nell’edizione Savelli di El jorobadito, e nemmeno La luna rossa, dove l’elemento fantastico viene declinato in senso apocalittico).

Un viaggio terribile, in ogni caso, non è notevole soltanto perché ci introduce in una dimensione di Arlt a noi sconosciuta, e nemmeno perché è uno dei suoi ultimi scritti narrativi. Cercherò di enumerarne brevemente i pregi, dopo aver ripercorso la genesi della sua stesura.

Un viaje terrible fu pubblicato originariamente nella collana Nuestra Novela l’11 luglio 1941. Arlt lo scrisse per incarico dell’editore adeguandosi alla lunghezza imposta dal formato della collana. Forse per rispettare i tempi di consegna, sempre pressato dagli impegni giornalistici e teatrali, o perché fedele alla strategia del work in progress, decise di rielaborare, fondendoli, due racconti già pubblicati in precedenza: «¡S.O.S.! Longitud 145° 30’, latitud 29° 15’»[10] e «Prohibido ser adivino en este barco».[11] Nel primo è presente il gigantesco vortice d’acqua che sembra destinato a inabissare navi ed equipaggi, mentre nel secondo prevalgono la vena parodistica e il tema della superstizione. Vale forse la pena ricordare che ci troviamo negli anni dell’ascesa del nazismo e dello scoppio della seconda guerra mondiale, eventi che Arlt seguiva attentamente per scrivere le sue note giornalistiche di politica internazionale:[12] la catastrofe immaginata nel racconto riflette l’atmosfera cupa e minacciosa di quegli anni.

Per il resto, Un viaggio terribile – racconto d’avventura, cronaca di viaggio, parodia – appare come un perfetto compendio di tutte le ossessioni ricorrenti nell’opera di Arlt, trattate però in modo inedito, mediante un uso sapiente e pienamente maturo dei mezzi narrativi, l’ampio ricorso a un’ironia più sottile e meno feroce del solito e, in generale, un “ammorbidimento” delle asperità della sua scrittura e dei suoi umori.

La confessione. Come già nei romanzi e nei racconti più famosi (Il gobbetto, Le belve, Scrittore fallito, Ester Primavera, L’abito del fantasma), il protagonista si confessa: «Sarò sincero, assolutamente sincero». A differenza però dei protagonisti dei testi appena citati, che avevano da confessare omicidi e altre nefandezze, il nostro non è straziato dall’angoscia: in fin dei conti non ha da farsi perdonare che qualche truffa, e così la confessione si trasforma in una testimonianza quasi distaccata della sequenza di fatti straordinari a cui assiste. Ci intrattiene con le vicende tragicomiche del campionario di umanità riunito sulla Blue Star – una vera e propria “nave dei folli”, sulla quale non potevano mancare i tipici personaggi arltiani: bari, ubriaconi, imbroglioni e predicatori –, facendo emergere l’intera gamma delle miserie psicologiche, ma anche il desiderio di felicità («in realtà fu il viaggio dei fidanzamenti»). E invece di prodursi nell’ennesimo monologo,[13] la voce narrante cede la parola agli altri personaggi, convocati di volta in volta in primo piano come in una rappresentazione teatrale. È indubbio che in questo racconto inusualmente ricco di dialoghi, Arlt mette a frutto la sua pluriennale esperienza di drammaturgo.

Il doppio. La figura del doppio è qui impersonata da Luciano, cultore di astrologia e menagramo di professione, cugino della voce narrante. I due condividono un passato di malefatte e la sorte di esiliati, ma non la stessa visione del mondo: Luciano è imbevuto di superstizione e devoto a un’idea implacabile di destino, mentre il protagonista rivendica una formazione scientifica, per quanto ingenua e approssimativa. Eppure, quando traccia un bilancio della sua vita ammette: «Mi sentivo triturato da tutta la potenza planetaria della Fatalità. […] Un nero destino mi aveva legato al suo carro, un destino di cui ancora non conoscevo l’aspetto definitivo, ma che mi teneva stretto ai suoi disegni con il pugno di ferro». Benché contraddittorie, queste due tendenze hanno convissuto da sempre in Arlt,[14] e sono una costante di molte sue narrazioni, basterà ricordare il personaggio dell’Astrologo dei Sette pazzi.

L’evento straordinario. Prima che a bordo della Blue Star si scateni il dramma, il protagonista, estasiato dall’amore per la sensuale Annie, accarezza qualche illusione circa il proprio futuro: proseguire con lei il viaggio per Shanghai, lasciarsi alle spalle i fallimenti del passato e rifarsi una vita completamente diversa («Annie invece mi apriva le porte di un altro mondo»). È un altro tema classico dello scrittore argentino: l’incontro casuale, il colpo di fortuna, l’evento imprevisto – ma sempre sognato – capace di cambiare la vita; così è per Remo Erdosain nei Sette pazzi: «L’ansia gli faceva desiderare un’esistenza nella quale il domani non fosse la continuazione dell’oggi con la stessa misura del tempo, ma qualcosa di diverso e di sempre inatteso; come nei film americani nei quali il mendicante di ieri è il capo della società segreta di oggi e la dattilografa avventuriera è una milionaria in incognito».[15] E così è pure per Estanislao Balder, in L’amore stregone: «Che infinito e prodigioso gioco d’azzardo rappresentava l’esistenza, dunque? Non aveva ragione ad aspettare l’avvento di un fatto meraviglioso? Era bastato un minuto, lo squillo del telefono… e all’improvviso il panorama della sua vita era cambiato…».[16] Si tratta peraltro di un desiderio vagheggiato dallo stesso Arlt – chi non ha mai fantasticato di vincere una lotteria o di ricevere un’eredità inattesa? –, che per tutta la vita tentò invano di arricchirsi brevettando un procedimento per rendere più resistenti le calze di nylon, il che ci conduce a un’altra ossessione presente in Un viaggio terribile.

Le invenzioni. Annie si crede ingegnere chimico e dichiara di aver scoperto un metodo che rivoluzionerà l’industria dei tessuti gommati: «Lei dava per scontato che tutti i fabbricanti di impermeabili si sarebbero affrettati ad acquistare i diritti della sua invenzione, ma io ne dubitavo». È evidente che anche qui Arlt parla di sé e dei dubbi che dovettero attanagliarlo circa la sua vocazione di inventore, visti i mortificanti insuccessi cui andò sempre incontro. Con grande e probabilmente sofferta autoironia, in Un viaggio terribile Arlt ci dice che la fabbricazione dell’oro a partire da qualsiasi materiale, il sogno degli alchimisti, può facilmente condurre alla follia.

L’umorismo. Molto evidente in questo testo, ma presente più o meno sotterraneamente in gran parte della sua opera, lo humour di Arlt (come quello di Kafka) è stato spesso ignorato dalla critica più miope. Qui però è meno amaro e cinico che altrove, forse perché il suo bersaglio è un’umanità cosmopolita: il pastore protestante razzista, il medico pervertito, il figlio dell’emiro arabo, la zitella scozzese, il ladro internazionale, la femminista svedese (pessima scrittrice), ecc. Mentre nei romanzi, nei racconti più celebri e nelle cronache giornalistiche Arlt esercita il suo sarcasmo soprattutto contro i piccoli proprietari[17] avidi ed egoisti – la genia dei bottegai che truccano le bilance, degli ipocriti perbenisti sempre pronti a imbrogliare il prossimo – in Un viaggio terribile gli sberleffi sono più lievi e non colpiscono quella classe sociale urbana che Arlt odiava profondamente, ma un milieu internazionale che lo scrittore aveva avuto modo di conoscere nei suoi viaggi e nel periodo trascorso a Tunisi.

L’amore. Anche questo tema è qui declinato da Arlt in modo assolutamente inusuale. È vero che l’idillio amoroso del protagonista con la «voluttuosa Annie» è destinato a naufragare miseramente di fronte alla rivelazione della pazzia di lei, e che la libido si scatena nella frenetica attività sessuale di Mariana con il radiotelegrafista, negli assalti del «sinistro» figlio dell’emiro a tutte le donne a bordo, e del conte de la Espina y Marquesi alla signora scozzese, ma la love story del protagonista con il sedicente ingegnere chimico non è particolarmente contrastata o angosciante, e soprattutto non subisce la “supervisione” della madre di lei. A differenza di tutte le terribili suocere presenti nella narrativa di Arlt, dedite a incessanti e diaboliche manovre per ordire matrimoni e spesso all’origine del fallimento delle relazioni amorose,[18] la madre di Annie è stranamente assente, rinchiusa nella sua cabina, e pare disinteressarsi della relazione della figlia. Nelle battute finali diventa addirittura una figura dolente che viene in soccorso al protagonista rivelandogli, a mo’ di consolazione: «È sempre stata malata. Sempre, sa…».

Oltre a queste tematiche presenti nell’intera opera di Arlt, si possono segnalare altri punti di contatto che presentano comunque leggere differenze: anche in Un viaggio terribile fa capolino l’esotismo che caratterizza El criador de gorilas, insieme alle annotazioni critiche di denuncia del colonialismo presenti in quella raccolta: si veda la breve descrizione iniziale del porto di Antofagasta, con quegli «indigeni color cioccolato in groppa ai loro muli [… e] quella moltitudine di miserabili scalzi» che sgombrano la strada per non essere schiacciati dalle automobili portatrici di modernità e progresso. Diverso, per esempio, è il trattamento riservato alla categoria dei giornalisti; se nell’Abito del fantasma vengono apostrofati come irresponsabili e considerati alla stregua di scansafatiche, qui il «corrispondente del “Time” a Honolulu» riceve addirittura un complimento per aver trovato l’azzeccata definizione di «Traversata del Terrore»; e l’attenzione che la stampa dedica alla sventura delle navi in procinto di inabissarsi non ha niente di sensazionalistico. Curioso anche il trattamento riservato alla figura del figlio dell’emiro: il protagonista gli scaglia persino una maledizione e gli riserva l’ironia più pesante mettendo in evidenza la contraddizione fra le sue presunte credenze religiose e l’immoralità che rivela il suo comportamento. Il dettaglio stupisce soprattutto se si pensa al modo tutto sommato molto rispettoso in cui il mondo islamico è affrontato nei racconti del Criador de gorilas.

Concludiamo questo breve viaggio di circumnavigazione intorno all’iceberg Arlt con la speranza di aver invogliato i lettori e i critici ad approfondire la lettura della sua opera, gli editori a permetterci di conoscerla sempre di più, perché si possa apprezzare, oltre all’“autore istintivo”, quello che sa accettare e padroneggiare le convenzioni dei racconti “di genere”, restando fedele alla propria natura di scrittore “popolare” ma senza abdicare a una funzione d’avanguardia e di critica esplicita e implicita dell’establishment letterario della sua epoca.


[1] È imminente la pubblicazione di un’antologia delle celebri Aguafuertes porteñas – le cronache di Buenos Aires uscite fra il 1928 e il 1935 su «El Mundo», quotidiano di grande tiratura, che diedero fama ad Arlt –, a cura di Alberto Prunetti e Marino Magliani per l’editore Del Vecchio.

[2] Esistono due edizioni italiane di El jorobadito (1933), entrambe con il titolo Le belve (traduzione di Angiolina Zucconi, Savelli, Roma 1980; traduzione di Margherita Bernard, Baroni, Viareggio 2002). El criador de gorilas, il secondo dei due volumi di racconti pubblicati in vita da Arlt, non è mai stato tradotto in italiano. Alcuni di questi racconti “africani” compariranno, insieme ad altri inediti in italiano, nell’antologia Scrittore fallito, in preparazione per le edizioni SUR con la mia curatela.

[3] La prima edizione italiana di El juguete rabioso (1926) è del 1978 (Il giocattolo rabbioso, traduzione di Angiolina Zucconi, Savelli, Roma, con un’introduzione di Goffredo Fofi). La stessa traduzione è stata riedita nel 1997 dagli Editori Riuniti e nel 2012 da Cargo (con una nuova introduzione di Fofi). La prima edizione italiana di Los sietes locos (1929) è di Bompiani, del 1971 (I sette pazzi, traduzione di Luigi Pellisari poi ripresa da e/o nel 2003 e da SUR nel 2012). Nel 2013 Einaudi ha pubblicato una nuova traduzione di Jaime Riera Rehren. L’unica edizione italiana di Los lanzallamas (1931) rimane quella di Bompiani del 1974 (I lanciafiamme, traduzione di Luigi Pellisari), nonostante l’autore abbia precisato che con I sette pazzi forma un unico romanzo.

[4] L’amore stregone, traduzione di Elisa Montanelli, Intermezzi Editore, Ponte a Egola 2013.

[5] César Aira, Diccionario de autores latinoamericanos, Emecé-Ada Korn Editora, Buenos Aires 2001, p. 49. In Italia l’unica monografia su Arlt è quella di Loris Tassi, Variazioni sul tema della lettura: l’opera di Roberto Arlt, Aracne, Roma 2007.

[6] Nel corso degli anni sono comparse varie raccolte in cui figurano anche racconti polizieschi e di spie, ovvero “di genere” e “popolari”, insieme ad altri incentrati su notorie passioni di Arlt, come il pugilato e il cinema. Fra queste segnaliamo Estoy cargada de muerte y otros borradores, a cura di Omar Borré, Torres Agüero, Buenos Aires 1984; Cuentos completos, a cura di Ricardo Piglia e Omar Borré, Seix Barral, Barcellona 1996; Cuentos completos, con prefazione di Gustavo Martín Garzo e postfazione di David Viñas, Losada, Buenos Aires 1998.

[7] Il primo critico che colse l’importanza dell’elemento fantastico nell’opera di Arlt fu Adolfo Prieto, che non si limitò a evidenziarne la presenza in diversi racconti nell’arco di tutta la sua produzione, segnalando invece che nella sua narrativa il soprannaturale crea «un allucinante contrappunto con l’esperienza del reale», e la sua intromissione in un quadro realistco contribuisce a suscitare nel lettore «la sensazione che il mondo sia una fantasmagoria» (Adolfo Prieto, «La fantasía y lo fantástico en Roberto Arlt», in Roberto Arlt, Un viaje terrible, Tiempo Contemporáneo, Buenos Aires 1969, pp. 10 e ss.).

[8] In «Mundo Argentino», 5/12/1934.

[9] In «Mundo Argentino», 16/6/1937.

[10] In «El Hogar», 21/1/1937.

[11] In «Mundo Argentino», 27/11/1939.

[12] Le cronache di Arlt di quegli anni (1937-1942), pubblicate sul quotidiano «El Mundo», sono state raccolte nel volume El paisaje en las nubes, con prefazione di Ricardo Piglia, Fondo de cultura económica, Buenos Aires 2009.

[13] Tutti i racconti citati sopra assumono la forma del monologo drammatico, spesso quello della memoria difensiva.

[14] Significativamente, il primo testo pubblicato da Arlt, non ancora ventenne, è un saggio dal titolo Las ciencias ocultas en la ciudad de Buenos Aires (1920) nel quale, malgrado la denuncia della farsa rappresentata dai culti esoterici che si diffondevano nella capitale argentina, si coglie una fascinazione per queste tematiche che affiorerà poi con evidenza nei romanzi. Altrettanto noti sono il suo interesse parallelo per le scienze, soprattutto applicate, e il fascino che esercitavano su di lui le scoperte tecniche.

[15] Roberto Arlt, I sette pazzi, cit., p. 17.

[16] Roberto Arlt, L’amore stregone, cit., p. 72. Il capitolo da cui è tratta la citazione si intitola «L’evento straordinario».

[17] «Piccoli proprietari» è il titolo di uno dei racconti di El jorobadito.

[18] Si vedano in particolare le megere dei racconti «Il gobbetto» e «Notte terribile», e la madre ruffiana di Irene, la giovinetta dell’Amore stregone.

Condividi