Vonnegut

Il meraviglioso mondo sci-fi di Kurt e Bernie Vonnegut

Patrick Sauer BIGSUR, Interviste, Ritratti, Scrittura

Pubblichiamo un’intervista a Ginger Strand, autrice di una biografia dei fratelli Vonnegut uscita da poco negli Stati Uniti. L’intervista è apparsa originariamente su Signature. Ringraziamo l’autore.

di Patrick Sauer
traduzione di Giuliano Velli

Provate a immaginare un’enorme compagnia americana. La guerra fredda è al suo apice, e gli scienziati della compagnia sono fuori di testa, inventano ogni sorta di tecnologie innovative che vengono poi confiscate dai militari per sconfiggere i russi. È una compagnia che crea tuoni per disperdere i nemici, e non come in un sogno erotico alla Jack D. Ripper del Dottor Stranamore, ma per scopi concreti contro i bolscevichi. La compagnia brulica di automi da ufficio aziendale che sorridono ai loro padroni mentre diramano comunicati stampa in cui la tortura viene ribattezzata «tecniche di interrogatorio avanzate», mentre gli addetti allo sviluppo prodotti creano un tostapane che registra tutte le vostre conversazioni e le invia a un pianeta ancora da scoprire.
Starete pensando: Sembra un romanzo di Kurt Vonnegut.
Sorprendentemente, il paranoico sogno febbrile su descritto non è così distante dalla vita reale che i brillanti fratelli Kurt e Bernie Vonnegut conducevano dopo la seconda guerra mondiale, meravigliosamente narrata in The Brothers Vonnegut: Science and Fiction in the House of Magic. L’autrice Ginger Strand ci porta dentro la General Electric, la potentissima compagnia dove i giovani Vonnegut lavoravano senza sosta: Kurt, con un impiego saltuario da scribacchino dove «copriva» gli avvenimenti di quello che diverrà il regno di Jack Donaghy; e Bernie, il fratello più grande, impegnato a inventare metodi per indurre precipitazioni inseminando le nuvole con lo ioduro d’argento. (Praticamente un Lil’ Wayne che fa piovere sul serio!)
Ginger Strand, che nei suoi libri e nei suoi articoli si è occupata di una vasta gamma di temi, tra cui la storia delle cascate del Niagara, gli assassini di insetti e i serial killer delle autostrade americane, ha parlato con noi dei fratelli Vonnegut e del loro grande grande amore per la pace, la conoscenza, i peti, e dell’uno per l’altro.

Come scrittrice hai avuto una carriera eclettica. Cos’è che ti attira verso un argomento?
Ho avuto la fortuna di poter scrivere tre libri di saggistica e molti articoli e saggi brevi su argomenti che mi ossessionano: spesso è proprio dalle mie ossessioni che hanno origine i temi di cui tratto. Ci vogliono tre anni per scrivere un libro, quindi prima di impegnarmici devo trovare una storia che mi cattura, che non riesco a togliermi dalla testa. C’è un filo conduttore che lega i miei libri, almeno nella mia mente. È la relazione controversa tra uomo e natura. Niagara era immediato, una storia culturale di una meraviglia della natura che rivelava quanto in realtà fosse innaturale. Killer on the Road era uno sguardo a questa imponente rete di infrastrutture che ha avuto un effetto violento sulla natura e ha alterato la nostra relazione con essa, dove la cronaca nera era uno strumento per evidenziare quella prospettiva della storia delle autostrade. Nella mia testa The Brothers Vonnegut è simile in quanto l’aspetto del controllo climatico riguarda la vasta portata delle implicazioni della scienza e l’impulso umano al dominio e al controllo della natura. Credo sia questo il filo conduttore dei miei libri.

Come sei arrivata a The Brothers Vonnegut?
Tutto è cominciato quando ho scoperto una storia poco nota su come l’amministrazione di New York, nel 1950, inseminava le nuvole dei monti Catskills per far piovere. Trascorrevo le mie estati sui monti Catskills, e mi interesso di infrastrutture idriche; mi stavo documentando sul bacino idrico di New York che, lo ammetto, per me è un tema davvero avvincente. Quando ho scoperto che il municipio di New York aveva un programma per provocare la pioggia, che era stato inventato da Bernard Vonnegut, mi è sembrato perfetto per un saggio breve. Riuscivo a vedere il contrappunto lirico tra un fratello che cercava di causare la pioggia mentre l’altro se ne stava in un sottoscala con il fuoco che gli pioveva addosso. L’ho descritto a un mio amico, uno storico, che mi ha detto: «No. Devi farne un libro». Si è rivelato un buon consiglio.

Eri già un’appassionata di Kurt, o sei arrivata alla storia dei fratelli Vonnegut dal lato scientifico?
Principalmente dal lato scientifico. Ero una grande fan di Mattatoio n. 5, penso sia uno dei migliori romanzi antimilitaristi mai scritti, e conoscevo alcuni altri suoi romanzi, mentre non avevo mai letto nessuno dei suoi racconti. Quando ho cominciato a studiarli, mi è sembrato chiaro che si potesse seguire lo sviluppo della voce di Vonnegut lungo gli anni che ha trascorso alla GE, e l’ho trovato davvero intrigante e di grande interesse. All’inizio non ero una fan irriducibile di Kurt, ma lo sono diventata mano a mano che scrivevo il libro.

Prima di intervistare il documentarista Bob Weide, non mi ero reso conto della profondità e della portata del culto di Kurt Vonnegut. I suoi fan gli sono profondamente devoti…
Qualche settimana fa ero al VonnegutFest e mi sono molto divertita. Quando faccio una presentazione mostro queste slide di quando Kurt lavorava alla GE, cose come il frigorifero parlante che stavano sviluppando, e le domande finali si trasformano in un gioco a premi. I fan di Kurt riescono a stabilire quale slide abbia ispirato cosa: «Oh, da questa dev’essere nato il racconto “Jenny”». I fan più accaniti di Kurt sanno il fatto loro.

A volte dimentichiamo quanto impegno le persone di successo mettono nelle loro carriere. The Brothers Vonnegut ci mostra come anche due celebri geni come loro abbiano lottato con i rifiuti, le politiche aziendali, i frequenti ostacoli che si trovavano di fronte, e tutte le stronzate con cui abbiamo a che fare noi comuni mortali sul posto di lavoro…
Come scrittrice, mi affascinava la lunga ed estenuante gavetta che Kurt ha dovuto affrontare. Me lo vedevo a casa sua, mentre lottava con la frustrazione di essere un uomo d’azienda, e intanto sbatteva la testa contro il muro perché ancora non aveva trovato la sua voce di scrittore. E anche Bernie, costretto a guardare le sue idee cooptate per applicazioni in campo militare. Ho una lavagna a muro e mentre scrivevo il libro ho disegnato una cronologia degli eventi mondiali. Ho aggiunto Kurt da un lato e Bernie dall’altro e segnato le loro tappe fondamentali, trionfi, delusioni e fallimenti, per poterle esaminare fianco a fianco. Corrispondevano per bene.

In seguito alle atrocità e ai bombardamenti nucleari della seconda guerra mondiale, ma prima dell’avvento della guerra fredda, ci fu una campagna in nome della pace, che proponeva un governo mondiale guidato dalle Nazioni Unite. È un momento incredibile, sebbene dimenticato e destinato al fallimento, e che ha influenzato entrambi i fratelli, vero?
Conosco bene la storia americana. C’è la seconda guerra mondiale, la bomba atomica, poi l’abbondanza degli anni Cinquanta, e la guerra fredda, giusto? Ma ignoravo questo breve e radioso momento negli anni Quaranta in cui il mondo avrebbe potuto cambiare direzione e unirsi sotto l’egida delle Nazioni Unite. Dall’oscurità e la depressione della bomba venne fuori questo periodo di speranza per il futuro caratterizzato da un ottimismo incredibile, che fu rapidamente schiacciato sotto le ruote dell’industria bellica. Sia Bernie che Kurt rimasero fedeli a questo idealismo per tutta la vita.

Altra cosa sbalorditiva è il fatto che lavorare per la General Electric fosse un’esperienza totalizzante, in cui l’azienda era la tua vita e lavorandoci entravi a far parte di una collettività. Nel ventunesimo secolo questa fedeltà e devozione totali sembrano ridicole, ma all’epoca si prendevano cura dei dipendenti in un modo oggi impensabile…
Negli anni Trenta e Quaranta la GE era un’ottima compagnia per cui lavorare, si prendevano cura della loro gente. Per l’epoca i salari erano alti, i dipendenti la chiamavano «Generous» Electric. Amavano gli sconti sugli elettrodomestici, giocare per la squadra di softball della compagnia, tutti questi benefit aggiuntivi. Oggi le compagnie tecnologiche tentano di riprodurre un’atmosfera simile, dove l’azienda influenza tanto la tua vita sociale che quella professionale, ma non riescono a ottenere la costanza o la lealtà che aveva la GE. Anche allora, esisteva una chiara distinzione fra tute blu e colletti bianchi, ma c’era la sensazione di far tutti parte della squadra GE. Era prima che imparassimo a sospettare e in qualche modo a disprezzare le corporation, prima che le grandi aziende acquisissero gli stessi diritti delle persone fisiche, e prima che la stessa GE fosse beccata a scaricare rifiuti tossici nel fiume Hudson. I dipendenti non pensavano che i loro datori di lavoro potessero mentirgli o fare niente di distruttivo.

Quindi i Vonnegut, che riconoscevano la vita alla GE per quel che era, erano abbastanza unici?
Assolutamente. Kurt come scrittore non è abbastanza apprezzato per la sua preveggenza. Non avevo mai letto Piano meccanico prima di scrivere questo libro, e penso che sia molto più acuto del Mondo nuovo di Huxley, al quale si era in qualche modo ispirato. L’idea che i lavoratori comincino immediatamente a ricostruire un mondo di macchine, lo stesso che avevano distrutto perché li stava portando alla rovina, fa pensare alle persone costantemente immerse nei loro iPhone.

Io sono tra quelli che pensavano che il controllo climatico fosse roba da teoria del complotto…
Come le scie chimiche? Me lo chiedono continuamente: «L’inseminazione delle nuvole è una cosa inventata, giusto?» Subito dopo che The Brothers Vonnegut era andato in stampa, la National Science Foundation ha rilasciato un comunicato su uno studio fatto in Wyoming e durato dieci anni, confermando che date le giuste condizioni – tempeste di neve che attraversano frontalmente le montagne – l’inseminazione delle nuvole può far aumentare le precipitazioni fino al 15%. Sono un sacco di soldi per chi ha bisogno di acqua, o utilizza i distretti di irrigazione, le centrali idroelettriche ecc. È molto importante per gli stati dell’Ovest colpiti dalla siccità, in particolare quelli che aderiscono al Colorado River Compact, dato il livello problematicamente basso del fiume Colorado. Ci sono servizi pubblici e compagnie che inseminano nuvole ininterrottamente da quando Bernie ha inventato la tecnica. Quindi funziona, ma non come si immaginava quando Bernie lavorava alla GE. Non puoi far piovere da nuvole inesistenti, o deviare il percorso di un uragano, o le altre grandi cose drammatiche che volevano ottenere.

L’inseminazione delle nuvole è mai stata utile per l’esercito statunitense?
Senza dubbio la dispersione della nebbia e delle nuvole è importante per i militari. Nel corso della guerra in Vietnam si tennero più di 2800 missioni di inseminazione delle nuvole nel Laos, per far piovere e rendere fangoso il sentiero di Ho Chi Minh. L’inseminazione delle nuvole non è una super arma, ma è uno strumento importante, e dopo la guerra del Vietnam generò scandalo nell’opinione pubblica. Le Nazioni Unite proibirono le modificazioni ambientali in tempo di guerra e Bernie inorridì quando scoprì che gli Stati Uniti usavano l’inseminazione con ioduro d’argento in combattimento.

Bernie e Kurt danno l’impressione di essere due tipi molto alla mano (fai notare il loro amore per le barzellette sui peti). Lo erano realmente?
Non li ho mai conosciuti, ma ho passato molto tempo con le loro famiglie e mi hanno dato quest’impressione. Kurt rimase con i piedi per terra anche quando la sua popolarità era alle stelle. Negli anni Settanta, quando gli hippy si presentavano a casa sua, lui li invitava a prendere un tè.

La madre morì di overdose, e so che Kurt soffriva di attacchi di depressione. Anche Bernie aveva il suo lato oscuro?
Non per quel che ne so io. Tra i due fratelli c’era una grande differenza caratteriale. Bernie era un tipo davvero spensierato, non era malinconico né si deprimeva. I figli mi hanno raccontato che la moglie di Bernie soffriva di depressione e che il principale difetto caratteriale del padre era una certa noncuranza. Era così innamorato della scienza – ne parlava con i figli fino ad annoiarli a morte – che non si rendeva conto di cosa gli succedeva intorno, problemi della moglie inclusi.

Possiamo dire che Bernie e Kurt fossero intimi per come lo si intende oggi? Discussero a fondo della morte della madre?
Penso che l’abbiano fatto, nonostante avessero opinioni divergenti sull’overdose della madre. Bernard ha sempre creduto che fosse stato un incidente. Kurt, che aveva una visione del mondo più oscura, credeva si fosse suicidata, come ha detto molte volte nei suoi scritti. Senza dubbio discutevano delle questioni etiche e morali della scienza. Magari non erano aperti quanto potrebbero esserlo due fratelli oggi, ma condussero una continua e significativa conversazione per tutto il corso delle loro vite. Si aiutarono l’un l’altro ad andare avanti in periodi di rifiuto. Anche le loro famiglie sono rimaste vicine. All’inizio, scrissi una lettera a un paio dei figli di Bernie, ma non ricevetti risposta. Poi un giorno, mi arriva una lettera da tutta la famiglia Vonnegut. I cugini ne avevano discusso assieme e volevano partecipare al mio libro. Rimangono una famiglia affiatata ed erano irremovibili sul fatto che Bernie e Kurt si amassero veramente l’un altro.

Nel libro scrivi: «La differenza tra uno scrittore che si afferma e uno che non ce la fa sta nella sua capacità di accettare le critiche», e Kurt senza dubbio era uno che le critiche le teneva in considerazione. Però sono curioso di sapere se pensi che la tua affermazione sia ancora valida nell’epoca di internet.
È una domanda interessante, perché in quel passaggio esprimevo una mia convinzione, ma in riferimento alla ragione per cui Kurt alla fine arrivò al successo dopo aver sputato sangue per anni. La sua è la traiettoria di uno scrittore che ha ricevuto tante critiche e da queste ha imparato. Le sue carte sono sorprendenti, vedere che il suo editor o il suo agente gli mandavano «dieci cose che non vanno nel tuo racconto», e lui le organizzava in una lista, spuntandole una ad una mentre editava e rivedeva. Imparò a scrivere confrontandosi con persone intelligenti senza mai prendersela a male. Il mondo adesso è diverso. Kurt fu fatto a pezzi da un certo numero di critici, ma niente di paragonabile agli attacchi che riceverebbe dai troll della rete. Forse oggi il segreto non sta tanto nell’accettare le critiche, ma nel sapere chi vale la pena di ascoltare e cosa prendere sul serio. Se qualcuno mi attacca su Amazon, ad esempio, c’è una buona probabilità che non valga la pena tenerlo in considerazione.

Qual è la cosa più sorprendente che hai imparato sui due fratelli?
Tutta la storia è stata una sorpresa, perché non ne sapevo assolutamente niente. In modo particolare, la connessione così stretta tra la GE e quello che Kurt scriveva. Tendiamo a pensare a Kurt come a un tipo un po’ stravagante, perso nel suo mondo pieno di alieni, viaggi spaziali e stelle del porno. Quindi scoprire che c’era davvero un frigorifero parlante, e un cervo intrappolato nell’ufficio, è stato incredibile. Per quanto riguarda Bernie, non avevo idea che il controllo del clima fosse stato studiato così approfonditamente. Mi sono ritrovata a partecipare a un incontro sbalorditivo della Weather Modification Association. C’erano tutti questi tipi che facevano presentazioni in PowerPoint su come provocare la pioggia. Sembrava di essere in un racconto di Kurt Vonnegut.

Credi che le idee etiche sul ruolo della scienza e della tecnologia di cui Kurt e Bernie discutevano negli anni Quaranta oggi vengano ignorate?
Sì, ma non semplicemente nel senso che i robot ci stanno sostituendo nel lavoro. È più l’idea che se creiamo dispositivi per svolgere ogni piccolo compito che facciamo, ci stiamo fondamentalmente autoeliminando. Che scusa ci rimane per continuare a esistere? Marshall McLuhan ha detto che gli esseri umani sono gli organi sessuali delle macchine, un pensiero provocatorio, ma che Kurt Vonnegut ha combattuto nei suoi scritti per tutta la vita. Kurt non era contrario alla tecnologia, ma era consapevole di come ci sminuisca. Capisco il fascino di uno scintillante mondo digitale dove carichiamo le nostre coscienze, non dover più avere a che fare con il disordine della vita e della morte. Non penso sia imminente e credo che ci renderebbe meno umani, che è esattamente quello che Kurt odiava.

Per finire, cosa pensi dei fratelli Vonnegut ora che il libro è stato pubblicato?
Erano persone con cui era bello passare il tempo, come lo erano tutti gli scienziati, gli artisti e in generale tutti i tipi eccentrici della GE. Ero reduce da Killer on the Road, che mi aveva veramente appesantito… non ne potevo più di pensare a omicidi e stare nella testa di queste persone orrende. The Brothers Vonnegut è stato molto più divertente, e loro due sono diventati parte della mia vita, dei miei amici. Ho avuto conversazioni immaginarie con entrambi. Ho anche una piccola cotta per Bernie. Incontrare i suoi figli è stato come il giorno di Natale.

© Patrick Sauer, 2015. Tutti i diritti riservati.

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