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Oltre Bolaño e ancora oltre

Matt Bucher Autori, BIGSUR, Editoria, Roberto Bolaño, Traduzione

Chi sarà il prossimo Bolaño? Una panoramica sulla diffusione della letteratura latinoamericana nel mercato editoriale anglofono. L’articolo è apparso originariamente su Full Stop. Ringraziamo l’autore.

di Matt Bucher
traduzione di Fabio Zantomio

In Avenida Juárez, di fronte al parco Alameda, a Città del Messico, c’è una piccola libreria senza pretese, tre scalini sotto il livello stradale. È qui, alla Librería del Sótano, che Roberto Bolaño comprava romanzi o libri di poesie, o, quando era a corto di soldi (il che capitava spesso), semplicemente se li intascava. Per secoli la letteratura latinoamericana è appartenuta non a ladri di libri giovani e appassionati come Bolaño, ma a facoltosi proprietari terrieri che si dilettavano con la scrittura allo stesso modo in cui potevano darsi all’equitazione o alla falconeria. A un certo punto negli anni Sessanta del secolo scorso i ruoli si sono invertiti e la classe media è diventata il vivaio della letteratura nazionale. Le librerie, le biblioteche e la vita letteraria dominavano sulla scena culturale di Città del Messico e Buenos Aires proprio come a Parigi, New York o Londra. Questa bibliofilia, questa bibliomania, questa passione per la vita letteraria unisce il mondo in un’industria globale che purtroppo rimane ancora divisa dalle barriere linguistiche e dalla mancanza di curiosità.

I lettori forti sono onnivori. Vogliono leggere tutto ciò che è bello. La migliore narrativa in traduzione, gli autori emergenti, i classici dimenticati, i tesori nascosti dell’editoria indipendente, gli intellettuali in voga al momento, la poesia più affascinante – digeriscono ogni cosa. Il problema, ovviamente, è che nessuno può leggere tutto. Scegliere quali libri leggere richiede discernimento, un po’ di fortuna, e un processo iterativo che idealmente affina il discernimento stesso ad ogni volume assimilato.

L’affermazione di Roberto Bolaño come nuovo punto di riferimento mondiale della letteratura di lingua spagnola ha provocato un cambiamento notevole nelle possibilità esistenti per la letteratura spagnola pubblicata in traduzione. Chi altro ha il suo coraggio? Il suo scoppiettante senso dell’umorismo? La sua volontà ostinata di distinguersi? Dal punto di vista geografico Bolaño è un caso interessante ma non atipico, in quanto è cresciuto in Cile, ha trascorso gli anni di formazione in Messico, ma ha scritto la maggior parte dei suoi libri (inclusi i suoi capolavori) in Spagna. Il fatto che i suoi due romanzi maggiori, I detective selvaggi e 2666, siano ambientati perlopiù in Messico e scritti in spagnolo nasconde il fatto che Bolaño ha ottenuto il massimo successo editoriale in Europa, non in America Latina. Come è noto, Bolaño ha definito la lingua spagnola la sua patria (ha anche affermato che i figli erano la sua patria, il che suona ancora più poetico). I problemi intrecciati delle lingue e delle nazioni sono pilastri della globalizzazione e hanno aperto nuovi mondi per i lettori. Nell’epoca di Google Translate, tutto è letteratura globale. Eppure, Bolaño è ormai senza dubbio il segno della linea di demarcazione fra gli scrittori del boom latinoamericano, i vari Gabriel García Márquez, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar, Carlos Fuentes, e ciò che verrà in futuro per la letteratura latinoamericana. In effetti, quasi con la stessa velocità con cui fu riconosciuto, il boom fu ripudiato da molti scrittori e movimenti, e da coloro che facevano notare che in America Latina esistevano salde tradizioni letterarie già molto prima che arrivasse il realismo magico. Gli scrittori del McOndo, per dirne una, rifiutavano il focus sul realismo magico, concentrandosi più sul realismo in senso stretto, e ritenevano obsoleti o senza senso gran parte dei capricci politici della narrativa latinoamericana. Manuel Puig si affrancò da buona parte della traiettoria letteraria del post-boom sfuggendo il più possibile alle classificazioni e raggiungendo nel mentre nuove vette artistiche. David Foster Wallace ha riconosciuto spesso l’influenza di Puig, specialmente nella scrittura dei dialoghi. (Puig adoperava «…» molto prima di Wallace.)

D’altro canto, la consacrazione postuma di Bolaño in tutto il mondo ha sconcertato molti di quei suoi contemporanei che lo vedevano come parte di un continuum che includeva anche loro piuttosto che come un anomalo punto di riferimento. Adesso che il re è morto, sono liberi di risentirsi quando vogliono o di mettere in dubbio pubblicamente il suo posto nel canone. Per alcuni, persino citare Bolaño nel contesto della letteratura latinoamericana contemporanea è un cliché triste ma irresistibile, riservato a occidentali che semplicemente non capiscono.

In ogni caso, molti libri recenti evidenziano il ruolo duraturo di Bolaño nella letteratura: Beyond Bolaño: The Global Latin American Novel di Héctor Hoyos; The Contemporary Spanish-American Novel: Bolaño and After, a cura di Will H. Corral, Juan E. De Castro e Nicholas Birns; e, in parte, Roberto Bolaño’s Fiction: An Expanding Universe di Chris Andrews. Tutti considerano Bolaño lo scrittore che taglia a metà la cronologia della narrativa latinoamericana contemporanea. Eppure ci sono pochi dubbi sul fatto che l’ombra di Bolaño svanisce un po’ ogni anno che passa e ad ogni nuovo scrittore latinoamericano che emerge sulla scena mondiale.

Premesso che gli interessi e i bisogni degli accademici non di rado divergono da quelli dei lettori occasionali e persino di quelli forti, quegli spiriti curiosi che William T. Vollmann definisce «viaggiatori in altre direzioni» troveranno certamente utile scorrere la lista dei nomi inclusi in ciascuno di questi volumi accademici per poi darsi di conseguenza a letture voraci. (La fondamentale Norton Anthology of Latino Literature di Ilan Stavans punta a un obiettivo completamente diverso. Nella seconda parte, quella dedicata agli autori contemporanei, tralascia scrittori popolari come César Aira e Horacio Castellanos Moya, preferendo includere un’ampia varietà di voci ed espandere il campo di ciò che tradizionalmente consideriamo «letteratura».) Ognuno di questi volumi accademici dimostra che esistono vasti territori ancora da esplorare, e ognuno lascia intendere che è in queste aree che i lettori forti di letteratura latinoamericana dovrebbero cercare le loro letture. Ma tutti rivelano anche un fatto sconfortante: non c’è ancora un «nuovo Bolaño». Non in termini di pubblico o consenso globali, almeno. In tutti i paesi latinoamericani emergono di continuo nuovi movimenti letterari e senza dubbio alcuni sono estremamente interessanti. La voglia di novità, della prossima avanguardia, caratterizza la letteratura da più di un secolo ormai, ma con l’afflusso di libri tradotti e la crescita dell’editoria online c’è una quantità di materiale sempre più grande da setacciare.

Il progetto Three Percent dell’università di Rochester ha catalogato 358 opere «letterarie» di narrativa e poesia in traduzione pubblicate nel 2015 negli Stati Uniti. Cinquanta di questi libri sono tradotti dallo spagnolo, perlopiù provenienti da editori di Spagna, Messico e Argentina. Non è un numero enorme, ma un anno vede in media tra le 65 e le 70 opere letterarie tradotte dallo spagnolo e pubblicate negli Stati Uniti – più che sufficienti da leggere per una singola persona in un anno, ma non abbastanza da alimentare un’intera industria. Quali di esse sono importanti per ragioni storiche, quali sono libri commerciali, quali sono tradotti male, quali sono perle di stupefacente qualità letteraria – tutto ciò spetta ai recensori, ai critici e ai lettori deciderlo.

Dal momento che in percentuale ci sono così pochi libri di letteratura latinoamericana (e qui escludo la maggior parte della saggistica, la narrativa per ragazzi, la narrativa di genere, ecc.) pubblicati negli Stati Uniti in traduzione ogni anno, la pressione sui critici a elogiare apertamente ognuno di essi come opera meritevole (nella speranza che un successo produrrà più titoli tradotti) è un effetto collaterale di un problema più grande all’interno della stessa critica letteraria. La letteratura spesso non è considerata di valore dai critici quando è stracolma di nomi e temi non familiari. Le qualità di ciò che è familiare ci riconducono spesso a una spirale egocentrica di lettura basata su parole chiave di marketing: pynchonesco, bolañano, sconfinato, enciclopedico, capolavoro, e così via. Di solito i libri che non rientrano in queste categorie finiscono dimenticati.

Sorge sempre la questione: perché Mario Bellatin o Jorge Volpi o Fernando Vallejo o Ricardo Piglia o Enrique Vila-Matas o Daniel Sada (che Bolaño definì «il più difficile, un autore radicale, se mai ce ne sono stati») o Rodrigo Fresan o Juan Villoro («i suoi racconti sono tra i migliori scritti in spagnolo oggi» – Bolaño) o Sergio Pitol o X, Y o Z non hanno ottenuto lo stesso status di Bolaño nei circoli letterari (e presso il pubblico di lettori) americani? Le risposte sono sempre contorte e di solito chiamano in causa l’ignoranza o la mancanza di cultura e discernimento fra i lettori, o il triste stato dell’industria editoriale, ma la pura e semplice verità è che spesso quegli scrittori, chiunque siano, semplicemente non sono altrettanto bravi. E non è un problema. Molti di quei libri hanno ancora bisogno di qualcuno che li promuova. Quelli davvero fantasiosi, come Tempo di silenzio di Luis Martin-Santos e Luna calda di Mempo Giardinelli, necessitano ancora di un sostenitore di spicco che prenda posizione e dica più volte, in più di una recensione: «Questo è un libro davvero importante». Che è ciò che è successo con gli scrittori del boom e con Bolaño.

Nel suo straordinario studio sul romanzo contemporaneo Born Translated: The Contemporary Novel in an Age of World Literature, Rebecca Walkowitz sostiene che alcuni romanzi contemporanei entrano sulla scena globale già pronti per la traduzione e, spesso, per l’accoglienza globale. La loro inevitabile traduzione è semplicemente «una condizione della loro produzione». Cita L’infanzia di Gesù di J.M. Coetzee, Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro e I detective selvaggi di Bolaño come esempi di romanzi che hanno avuto successo contemporaneamente in diverse lingue. Eppure, per i lettori americani di letteratura ispanofona, c’è ancora un abisso tra ciò che è anche solo accessibile e ciò che entra sul mercato «nato tradotto».

Un modo per i lettori forti di letteratura latinoamericana di non subire questa situazione in qualche modo limitativa è leggere come fa un editor: seguire i più importanti premi letterari internazionali, cercare cataloghi e recensioni, individuare una serie di critici di cui fidarsi, seguire le carriere dei traduttori, cercare su Google/Wikipedia/Amazon nomi che non si conoscono, chiedere consigli ai madrelingua, rischiare.

La poetessa Gabriela Mistral vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1945, prima autrice (e tuttora unica donna) latinoamericana a ricevere il premio, ma negli Stati Uniti e in Europa la leggono in pochi. Anche molti dei nomi presentati come il Nuovo Bolaño non sono invecchiati bene. (Bolaño faceva notare che il coreografo Raoul Auger Feuillet fu con tutta probabilità lo scrittore francese più letto del suo tempo. Essere il più letto e il più coraggioso – o il più apprezzato – sono due cose diverse.) Ma i premi hanno spesso l’effetto di costruire un qualche tipo di consenso sulla qualità delle opere. Gli editori senza dubbio sono attenti ai premi più importanti. Nel mondo ispanofono esistono decine di premi, ma ce ne sono alcuni in particolare che vale la pena seguire, come il premio Rómulo Gallegos, che viene assegnato ogni due anni a un romanzo di lingua spagnola. Centomila euro: non è una cifra da poco. Anche il premio Herralde in Spagna è un punto di riferimento per alcuni dei migliori romanzi scritti in spagnolo. Premi come il Cervantes e l’Alfonso Reyes, quest’ultimo in Messico, sono riconoscimenti alla carriera, simili al Nobel. Leggendo gli elenchi dei vincitori, sebbene alcuni nomi siano familiari, viene da chiedersi: perché gli anglofoni non hanno accesso a tutti? Perché non possiamo leggere in traduzione almeno i vincitori dei premi principali e giudicare da soli se sono davvero grandi o no? Davvero il mercato è così piccolo? Perché? Lascia allibiti il fatto che scrittori premiati come Juan Francisco Ferré, Arturo Uslar Pietri, William Ospina e Pablo Montoya hanno un totale di zero libri tradotti in inglese (e molti altri autori importanti ne hanno solo uno). Ad oggi, solo 16 dei 71 libri di Cesar Aira sono stati tradotti in inglese.

Negli Stati Uniti, i National Book Awards hanno messo in palio un premio per le opere in traduzione solo per un breve periodo e l’unico vero riconoscimento per il miglior libro tradotto è il Best Translated Book Award del Three Percent, istituito nel 2008. Vale la pena notare che finora nessun libro tradotto dallo spagnolo ha vinto la sezione del BTBA dedicata al romanzo, e solo quest’anno uno ha vinto per la prima volta la sezione di poesia (Diorama di Rocío Cerón, che non ha nemmeno una pagina su Wikipedia). Sì, il PEN American Center assegna un premio di traduzione e nel Regno Unito c’è il premio Valle-Inclán per la traduzione dallo spagnolo, ed entrambi sono considerati prestigiosi fra i traduttori, ma quanti lettori forti riconoscerebbero i titoli di questi libri tradotti, per non parlare dei nomi dei traduttori? E in ultima analisi, che credibilità conferiscono i premi americani, ammesso che lo facciano?

La letteratura latinoamericana in inglese dipende da moltitudini di traduttori appassionati ed efficienti. Dato che spesso gli editori ingaggiano lo stesso traduttore per lavorare su progetti simili, seguire e riconoscere i traduttori è un altro modo per vedere quali nuovi scrittori stanno emergendo sulla scena. Se i lettori si tengono aggiornati sui premi e seguono le carriere di certi traduttori, è possibile scoprire libri che saltano fuori in svariati contesti. Ad esempio Morte improvvisa di Álvaro Enrigue, vincitore del premio Herralde, è tradotto in inglese da Natasha Wimmer. La Wimmer e Chris Andrews hanno tratto beneficio dall’ascesa alla fama di Bolaño e redattori e editori seguiranno le loro carriere per parecchi anni, ma anche traduttori dallo spagnolo leggendari come Edith Grossman (che John Updike ha definito «versatile» e «instancabile») e Gregory Rabassa sono ancora attivi e continuano a produrre opere affascinanti. Anche i nomi di traduttori come Anne McLean, Nick Caistor e Katherine Silver meritano di essere tenuti d’occhio.

Negli ultimi anni numerose case editrici si sono date da fare nel tentativo di supplire alla carenza di letteratura latinoamericana in traduzione. La Deep Vellum Publishing di Dallas è emersa come forza vitale, portando ai lettori americani, tra gli altri, Carmen Boullosa, Sergio Pitol e Ricardo Piglia. La Open Letter Books, una divisione no profit dell’università di Rochester fondata nel 2008, pubblica traduzioni da molte lingue, incluso lo spagnolo. La spagnola Hispabooks lavora direttamente con gli autori spagnoli per fare in modo che la loro opera sia tradotta per il pubblico anglofono. Ma l’editore che negli ultimi anni ha pubblicato più titoli tradotti negli USA è il marchio di Amazon dedicato alle traduzioni, AmazonCrossing. Per le case editrici statunitensi spesso non è stato necessario un rapporto reciproco con molti editori latinoamericani di primo piano, considerato che molti critici e studiosi in Sud America e in Europa sono bilingui (o trilingui) e in ogni caso preferiscono leggere nella versione originale inglese.

In tutte le discussioni attuali su cosa aspettarsi dal futuro della letteratura latinoamericana in traduzione, ci sono alcuni nomi che spiccano sulla massa indistinta di autori non tradotti e che vengono fuori abbastanza spesso da doverli considerare seriamente. Il primo è Sergio Pitol, le cui opere storiche e sperimentali si sono giustamente guadagnate una notevole reputazione in molte lingue, ma che solo adesso stanno apparendo negli Stati Uniti. Il secondo è quello di Valeria Luiselli, che vive negli USA e la cui sensibilità a volte può risultare familiare ai lettori americani, ma che si inserisce anche nella tradizione europea di romanzi sull’io. La Luiselli è inoltre affine a Bolaño in quanto riflette sulla vita letteraria: in uno dei suoi libri c’è persino un editore ansioso di trovare «il nuovo Bolaño». Intervistata, la Luiselli spiega come vede il fatto che la propria opera sia apparsa nella lunga ombra di Bolaño:

Non credo che tutto ciò che scrive sia bello, ma I detective selvaggi, in particolare, è un libro molto importante. Detto ciò, Bolaño non è una grande eccezione. Inevitabilmente i nuovi scrittori che vengono tradotti adesso, in inglese e in altre lingue, vengono letti alla luce di Bolaño. Preferisco così piuttosto che essere letta alla luce di Isabel Allende e di altri danni collaterali del realismo magico post-boom. Spero che la generazione di Bolaño e la generazione tra gli scrittori del boom e lui sia tradotta prima o poi, e che la mappa diventi più chiara per altri lettori, in modo che Bolaño non sembri un’isola in mezzo all’acqua stagnante, e che altri eccellenti scrittori che spiegano Bolaño possano essere letti.

Clarice Lispector, che scriveva in portoghese, non in spagnolo, è spesso citata come «la nuova Bolaño» in rapporto alla sua reputazione già straordinaria e ai suoi volumi postumi (i suoi racconti completi sono appena stati tradotti per la prima volta, ottenendo ampi consensi). Alejandro Zambra, che nel 2015 è stato consacrato da James Wood sul New Yorker, ha successo presso i lettori americani forse perché i suoi libri si cimentano con gli argomenti familiari e autoreferenziali della bibliofilia (come quelli di Bolaño e della Luiselli e alcune delle opere più saggistiche di Vila-Matas e Aira) e delle sfide dello scrittore. In modo simile, Rodrigo Rey Rosa è più facile da capire per i lettori occidentali a causa della sua associazione con Paul Bowles e le ovvie influenze letterarie che trapelano dalla sua prosa (ma finora solo cinque dei diciotto libri di Rey Rosa sono stati tradotti in inglese). Come scrittore di racconti, Bolaño ha definito Rey Rosa «il migliore della mia generazione». In una rubrica per il quotidiano cileno Las Ultimas Noticias, raccolta in Tra parentesi, Bolaño afferma che solo due romanzi l’hanno spaventato davvero: L’assassina letterata di Vila-Matas e Tadeys di Osvaldo Lamborghini. Nessuno dei due è stato tradotto in inglese. (Tra l’altro, ci sono almeno quattro libri di Bolaño ancora inediti e non tradotti.)

Stare dietro a tutti i nuovi libri pubblicati (anche solo quelli che ricevono più attenzione, anche solo quelli tradotti da un’unica lingua straniera) è impossibile. A questo si aggiunge il bisogno di leggere vecchi libri che all’improvviso ci colpiscono, regali, libri d’arte, libri per bambini, classici, e i periodi in cui leggere sembra impossibile, e non c’è modo che anche il critico o recensore più diligente e colto provi mai una cosa del genere. Dal punto di vista del lettore, non è che ci siano troppo pochi autori latinoamericani fra cui scegliere, semmai ce ne sono troppi.

Ciò che il problema del tre per cento [il fatto che negli Stati Uniti solo il tre per cento dei libri pubblicati siano traduzioni da lingue straniere, n.d.t.] dovrebbe fare è aumentare la nostra consapevolezza delle lacune nelle nostre letture. Lasciamo perdere gli ultimi libri tradotti da spagnolo, francese, italiano, olandese, norvegese, arabo, cinese o coreano: qualcuno dei nostri critici conosce gli scrittori che lavorano in urdu o punjabi? I grandi scrittori di lingua telugu o bengali? I poemi epici filippini? Per la prima volta nella storia dell’umanità, abbiamo accesso potenzialmente a ogni storia o poesia conosciute. Gli unici limiti alla trasmissione istantanea dei testi sono i detentori dei diritti e la consapevolezza dell’esistenza del testo. La responsabilità del lettore forte è quella di guardare oltre il mainstream, di uscire dalla propria zona di comfort, e di accettare il rischio insito nello scoprire opere letterarie originali e di qualità che parlano di altre vite e culture. Bolaño è un nome che ha preso piede presso il pubblico americano, adesso sta a noi provare a costruire associazioni con nomi come Roberto Arlt, Ernesto Sabato e Álvaro Mutis. Per questo, guide come The Contemporary Spanish-American Novel sono indispensabili.

Per decenni, i più importanti critici letterari americani del dopoguerra sono stati orientati verso il rafforzamento del predominio culturale della letteratura occidentale. Studiosi e critici come Irving Howe, Frank Kermode, Harold Bloom e Lionel Trilling hanno sovente promosso traduzioni dall’Europa occidentale, dall’Europa orientale e dall’ex Unione Sovietica. La generazione di scrittori e critici che è venuta dopo è stata la prima a promuovere scrittori come Borges, Cortázar, Márquez, e scrittori precedenti che i critici del dopoguerra avevano trascurato, come Macedonio Fernández e Machado de Assis. Adesso che Bolaño non ha più bisogno di critici che lo promuovano, quali scrittori latinoamericani ne hanno invece bisogno? Recensire un libro non è abbastanza. Il sostegno di Wood a Zambra è un segnale, ma ce ne saranno altri. Dobbiamo solo sapere dove guardare.

© Matt Bucher, 2015. Tutti i diritti riservati.

Matt Bucher è autore di saggi e recensioni apparse su The Dublin Review of Books, The Scofield, Fiction Advocate e altre riviste. Può essere contattato al sito mattbucher.com o su Twitter @mattbucher.

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