Senza scrupoli: un’intervista a Roberto Arlt

redazione Autori, Interviste, Ritratti, Roberto Arlt, Scrittura, SUR

ROBERTOARLT_edizioniSURI lanciafiamme, leggendario seguito dei Sette pazzi, arriverà a fine marzo in libreria. Nell’attesa, pubblichiamo oggi l’estratto di un’intervista a Roberto Arlt pubblicata sulla rivista La Literatura Argentina nel 1929. 

«Senza scrupoli»
da un’intervista a Roberto Arlt
traduzione di Elisa Montanelli

Se per cultura s’intende una psicologia, nazionale e uniforme, nata attraverso l’assimilazione di conoscenze provenienti dall’estero e associata a una caratteristica propria, questa cultura non esiste in Argentina. Qui, l’unica cosa che abbiamo è una conoscenza superficiale dei libri stranieri. E, negli autori, una forza vaga, che non sa in quale direzione espandersi. Di conseguenza, non c’è una cultura nazionale. Invece, i paesi che intervengono più attivamente nella nostra formazione intellettuale sono, senza dubbio, la Spagna, la Francia e la Russia.

La letteratura inglese e quella tedesca, ancora, non hanno trovato né traduttori né interesse da parte degli editori. Ed ecco che quasi ignoriamo uno dei filoni più importanti della cultura, che ha elevato la civiltà dei nostri popoli.

Potremmo, dunque, dividere gli scrittori argentini in tre categorie: spagnolizzanti, filofrancesi e russofili. Fra i primi incontriamo Capdevila, Banchs, Bernárdez, Borges; fra i filofrancesi Lugones, Obligado, Güiraldes, Córdoba Iturburu, Nalé Roxlo, Lascano Tegui, Mallea, Mariani nelle sue tendenze attuali; e fra i russofili Castelnuovo, Eichelbaum, io, Barletta, Eandi, Enrique González Tuñón e in generale quasi tutti quelli del cosiddetto gruppo di Boedo. Mi piacciono certe poesie di Lugones, Obligado, Córdoba, Rega Molina, Olivari, anche se non mi stupirebbe se un giorno Lugones se ne uscisse con un romanzo sul conventillo, da tanto che quest’uomo è talmente disorientato nell’animo da disporre di un ottimo strumento verbale e contemporaneamente di temi insulsi. Rojas, credo che possa interessare unicamente ai topi di biblioteca e agli studenti di Lettere e Filosofia. Lynch e Quiroga mi piacciono molto. Quest’ultimo ha precedenti di letteratura inglese e potrebbe venire associato a Kipling e Jack London per le sue tematiche. Ma, malgrado la sua barba, ciò non gli impedisce di essere una figura rispettabile. Gálvez? Non so dove voglia andare! Ho l’impressione che sia uno scrittore che non ha niente da scrivere. Ha cominciato volendo diventare un Tolstoj e credo che finirà come un volgare marchese di Capranica a scrivere polpettoni storici. Francamente, credo che Gálvez non abbia più nulla da dire. Larreta! Un signore della buona società, ricco, che impiega a scrivere un romanzo mediocre (Zogoibi) il tempo che un altro impiegherebbe a scrivere un romanzo e basta. Il suo unico altro libro, La gloria de Don Ramiro, non credo autorizzi questo signore a farsi celebrare a destra e a manca come un genio. Hugo Wast, invece, si spiega solo perché abbiamo quattordici province e tutte e quattordici sono abitate da una colonia cattolica, lacrimosa e insulsa. Il suo pubblico è fatto di maestre sentimentaloidi. In Spagna, Francia e Italia questi prosatori sarebbero scrittori di quint’ordine. A tutti manca métier, le inquietudini, i problemi, la sensibilità e tutti i fattori necessari a interessare la gente. Questi caballeros, salvo Quiroga e Lynch, potrebbero appendere la penna al chiodo. E la cultura nazionale non ci perderebbe niente.

Ci azzardiamo a malapena a domandarle quale sarebbe, secondo lei, la personalità più completa.

Nel nostro paese non esiste questo spirito! In diversi saremmo canditati a esserlo. Però c’è da lavorare e colui che ha intenzione di mettersi gli stivali del gaucho non ha ancora tirato fuori le unghie.

E quelli che si avvicinano di più?

Vediamo: come cuentista, Quiroga; romanziere, Larreta; poeta, Lugones; saggista, Rojas. Tutto questo qui in Argentina, intendiamoci! E soltanto per ora.

Del presente, rimarrà qualcosa?

Güiraldes con il suo Don Segundo Sombra; Larreta con La gloria de Don Ramiro; Castelnuovo con Tinieblas; io con Il giocattolo rabbioso; Mallea con Cuentos para una inglesa desesperada. Di questi libri qualcosa rimarrà. Il resto sprofonda.

Scrittori che hanno più fama di quella che meritano? Be’, Larreta, Ortiz Echagüe, che non è né uno scrittore né nient’altro; Cancela che si è fatto bello con il supplemento letterario de «La Nación»; Borges, che praticamente non ha scritto nulla. Ci sono altri scrittori che meriterebbero di essere odiati dalla nostra gioventù, uno di questi è Lugones.

Poi ci sono quelli di cui penso male gratuitamente, ovvero: Fernández Moreno, che non è un poeta. E poi. Samuel Glusberg, che è il più incallito lacchè di Lugones. E Capdevila, che è un tipo pesante.

Discutiamo un po’ dei ragazzi.

Delle nuove tendenze, raggruppate sotto il nome di Florida, mi interessano questi scrittori: Amado Villar, dove credo si celi un poeta squisito, Bernárdez, Mallea, Mastronardi, Olivari e Alberto Pineta. Questa gente, considerando tutto quello che ha fatto finora, a parte Mallea e Villar, non si sa né dove va né cosa vuole. I libri più interessanti di questo gruppo sono Cuentos para una inglesa desesperada, Tierra amanecida, La musa de la mala pata e Miseria de quinta edición. Di Bernárdez potrei citare qualche poesia e di Borges qualche saggio. Nel cosiddetto gruppo di Boedo troviamo Castelnuovo, Martiani, Eandi e poi io e Barletta. La caratteristica di questo gruppo è il suo interesse per la sofferenza umana, il suo disprezzo per l’arte paccottiglia, l’onestà con cui ha realizzato ciò che aveva a portata di mano e l’inquietudine che si riscontra in alcune pagine di questi autori e che li salverà dall’oblio. Quando verranno le nuove generazioni e saranno in grado di leggere qualcosa di tutto quello che è stato scritto in questi anni, si dirà: “Come ha fatto questa gente a non farsi contagiare da quell’ondata di modernismo che imperava ovunque?”. Per scrittori disorientati intenderei coloro che sono in possesso degli strumenti per lavorare, ma che non hanno materiale su cui sviluppare le loro abilità. Questi sono Bernárdez, Borges, Mariani, Córdoba Iturburu, Raúl González Tuñón, Pondal Ríos. Questo smarrimento io la attribuirei alla mancanza di due elementi importanti: la mancanza di una questione religiosa e sociale che si combini nell’intimo di questi uomini. Prove? Mariani è un tipo di scrittore in Cuentos de la oficina e un altro tipo di scrittore in El amor agresivo e infine è diversissimo nei racconti pubblicati di recente su «La Nación». Di Córdoba Iturburu potremmo dire la stessa cosa. El pájaro, el árbol y la fuente è del tutto differente da Las danzas de la luna. Idem Raúl González Tuñón. El violín del diablo sembra essere opera di un altro scrittore rispetto a Miercoles de ceniza. Bernárdez si trova davanti a una serie di problemi estetici, che non so come risolverà. Ma già da ora penso di poter affermare a ragione che Bernárdez non crede nella nuova sensibilità. Borges ha perso talmente la bussola che ora sta scrivendo… una farsa. Immaginatevi che cosa ne verrà fuori! Se mi chiedessero il motivo di tutto ciò, direi che lo attribuisco al fatto che quest’uomini hanno inquietudini intellettuali ed estetiche, invece che spirituali e istintive. Questa gente, a eccezione di Mariani, crede che l’arte non abbia nulla a che vedere con le questioni sociali, né tantomeno con quelle religiose. E infatti lavora con pochi elementi, freddi e derivati da altre letterature in declino.

Che cosa ne pensa di Roberto Arlt?

Che cosa ne penso di me stesso? Che sono un individuo angosciato da questo perenne problema: come deve vivere l’uomo per essere felice? O meglio: come devo vivere io per essere completamente appagato? Visto che non posso fare della mia vita un laboratorio di saggi per mancanza di tempo, soldi e cultura, sdoppio dai miei desideri personaggi immaginari che cerco di romanzare. Quando romanzo questi personaggi penso se io, Roberto Arlt, vivendo nel modo A, B o C, sarei felice o meno. Per far questo non seguo nessuna tecnica, né mi interessa farlo. Mariani, mio caro amico, mi ha sempre consigliato l’uso di una scaletta, ma quando provo a usarla ho riscontrato che dopo mezz’ora mi allontano completamente da ciò che avevo pianificato. L’unica cosa che so è che il personaggio si forma nel subconscio, come il bambino nel ventre di sua madre. Che questo personaggio a volte ha interessi opposti rispetto ai piani del romanzo, che compie azioni così bizzarre che, come uomo, uno si meraviglia di poter racchiudere simili fantasmi. In sintesi, questo lavoro di creare romanzi, sognare e arzigogolare tramite scarabocchi interiori è molto attraente e spassoso.

A che pubblico di uomini e donne si rivolge?

A quello che ha i miei stessi problemi, cioè: in che modo si può vivere felici, dentro o fuori la legge.

Le interessa un pubblico ampio o un numero ridotto e selezionato?

Questo è secondario. Né tanti né pochi lettori mi renderanno migliore o peggiore di quello che sono. Ho una fede incrollabile nel mio futuro di scrittore. Mi sono confrontato con quasi tutti quelli dell’ambiente e ho notato che tutta questa brava gente aveva preoccupazioni estetiche o umane, ma non rispetto a se stessi, bensì agli altri. Questa sorta di generosità è fatale per lo scrittore, allo stesso modo in cui per un uomo che vuol far fortuna sarebbe fatale essere onesto verso i beni degli altri esattamente come lo sarebbe verso i suoi. In questo credo di essere in vantaggio su tutti. Sono un perfetto egoista. Della felicità dell’uomo e dell’umanità non m’importa un fico secco. In compenso la questione della mia felicità m’importa così tanto che ogni volta che lancio un romanzo, gli altri, pur non volendo, dovranno interessarsi al modo in cui i miei personaggi, che sono pezzi di me stesso, risolvono i problemi. Qui gli scrittori, bene o male, vivono felici. Nessuno ha problemi, salvo stupidaggini tipo qui ci vuole una rima o no. Alla fin fine vivono tutti un’esistenza così tiepida che un individuo che ha dei problemi finisce per dirsi: «L’Argentina è una gabbia. Il primo che farà un po’ di psicologia o roba del genere ce l’avrà tutta in pugno questa gente». Credo di esprimermi con sincerità e chiarezza.

Condividi