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7 abitudini di scrittura di Laia Jufresa

Quali sono le abitudini degli scrittori? Che cosa fanno prima di sedersi a scrivere? Che cosa fanno mentre scrivono? Una breve lista di abitudini, fissazioni e manie della nostra Laia Jufresa [1]. L’articolo è stato pubblicato originariamente da Metropolificción [2] che ringraziamo per la concessione.

di Laia Jufresa
traduzione di Giulia Zavagna

  1. Accendere candele. Non so perché, non so per chi, ma quando scrivo a casa accendo sempre una candela. Forse perché scrivere è, allo stesso tempo, dare tutto ciò che si ha e chiedere ancor di più.
  2. Bloccare internet. Dettaglio importantissimo, e ci sono molto programmi che permettono di farlo, ma io non sempre ci riesco, quindi spesso preferisco andare a lavorare in qualche libreria, o bar o su una panchina al parco senza wifi. (E non ho internet sul cellulare.)
  3. Riconoscere la paura. Si fa così: quando sei nel bel mezzo di un progetto e sei fermo da giorni (giorni in cui non hai fatto altro che perdere tempo su internet, «facendo ricerca», o correggendo quello che hai già scritto invece di andare avanti), generalmente c’è qualche paura che sta mandando tutto all’aria. Quindi bisogna tirare fuori un foglio e scrivere, senza esitazioni, tutto (tutto, anche le cose più irrazionali!) quello che ti fa paura di quel progetto. È un toccasana per l’anima dello scrittore, o come vogliamo chiamarla. Però funziona.
  4. Disciplina. Quando lavoro a una prima stesura, mi impongo di scrivere un numero di parole al giorno. Quando lavoro a una riscrittura, mi impongo un numero di ore al giorno. La differenza è sostanziale perché, almeno per me, passare quattro ore a inventare qualcosa di nuovo sarebbe impossibile. Mentre quando rivedo un testo già scritto posso lavorarci anche per otto ore di fila. Il trucco è avere un obiettivo chiaro e realista, e non andare a dormire finché non lo si è raggiunto.
  5. Muoversi. Sì, sedersi a scrivere è necessario, ma bisogna anche alzarsi. Ci sono idee che nascono solo dal movimento, dal corpo e dalle pause. I libri, almeno i miei, si scrivono tanto sulla carta quanto passeggiando.
  6. Far leggere e leggere a voce alta. Faccio leggere, prima di tutto, a chi so che potrebbe gridarmi contro (mamma, zie) e al tempo stesso rispondere alle mie domande. (La cosa più importante è: avete capito tutto? Se non è così, la cosa più probabile è che io non sono stata chiara.) La stesura successiva la faccio leggere a qualche scrittore amico. (È fondamentale trovare persone di cui ci si fida ma che sappiano essere molto critiche.) Ogni tanto però cerco anche di leggere le mie cose a voce alta – di fronte a chiunque –, è uno degli aspetti che mi mancano di più dei laboratori di scrittura, e funziona sempre: poco importa cosa dirà chi mi ascolta, so che le parti che mi sono vergognata di leggere sono quelle che devo eliminare o rilavorare.
  7. Scrivere. È ovvio ma spesso ce lo dimentichiamo tutti: la verità è che alla fine della giornata – con o senza candele, paure, lettori, dopo la doccia o in pigiama – l’unica abitudine che conta è quella di scrivere, riscrivere, e poi ricominciare da capo.

 

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