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Tradurre Risposta multipla di Alejandro Zambra

Da domani in libreria Risposta multipla [1] dell’autore cileno Alejandro Zambra: il suo libro più audace e innovativo che, scritto appunto come un test a risposta aperta, intreccia storie che possono essere lette in tanti modi quante le sono le alternative proposte e riflette sulle relazioni, la memoria, i dilemmi di una società obbligata al silenzio, come quella cilena ai tempi della dittatura. Ve lo presentiamo con un contributo di Maria Nicola, che ne ha curato la traduzione. Buona lettura!

di Maria Nicola

Confesso che quando ho avuto per la prima volta tra le mani questo piccolo libro, in una caldissima giornata di ottobre australe a Santiago del Cile, la mia impressione è stata che fosse impossibile tradurlo. Sfogliando le sue pagine così bianche, percorse da poche parole numerate, mi pareva che fosse difficile addirittura leggerlo, per chiunque non fosse cileno. Tanto per cominciare, neppure io avevo idea che in Cile, fino al 2002, ogni studente che volesse iscriversi all’università era tenuto a sostenere un test, la temuta PAA, Prueba de Aptitud Académica, che lo collocava in modo irrevocabile in una graduatoria nazionale, determinando una volta per sempre il suo percorso nella vita: non solo a quali facoltà poteva iscriversi, ma anche a quali atenei. Solo chi otteneva il punteggio più alto poteva accedere agli studi più ambiti nelle università più prestigiose. In pratica la PAA era lo sbarramento che consentiva a pochi, e non necessariamente ai migliori, di prepararsi per diventare la futura classe dirigente del paese.

Alejandro ZambraQuel giorno a Santiago, mentre scorrevo gli strani quesiti del test messo insieme da Zambra, mi domandavo che cosa si poteva fare di tutti quei giochi di parole il cui senso spesso mi sfuggiva, basati com’erano su allusioni per me indecifrabili. Se ne comprendevo alcuni, che mi divertivano e inquietavano insieme, mi sembrava improbabile riuscire a renderli in italiano. È ovvio, lo sa chiunque abbia provato a fare dell’umorismo in una lingua straniera, che parole molto simili o dal significato identico hanno doppi sensi diversi. E che essendo la comicità, così come la poesia, basata sui molteplici significati delle parole, tutto ciò che di ironico o poetico vi è in una frase rischia di ridursi a nulla. Che cosa si poteva fare, per esempio, del verbo pegar, che significa «incollare», e nei paesi di lingua spagnola è usato alla stregua del comando informatico «incolla», ma al tempo stesso in spagnolo vuol dire «picchiare», ed evoca contesti violenti come le punizioni corporali o i pestaggi nelle carceri della dittatura? Come comportarsi con il verbo allanar, che vuol dire «spianare», ma che significa anche «fare irruzione», in un domicilio privato per esempio, allo scopo di svaligiarlo o per compiervi un sopralluogo di polizia?

Alejandro Zambra

Mi pare che proprio quel giorno Alejandro Zambra, davanti al famoso gelato alla rosa dell’Emporio la Rosa – quasi un gioco di parole alla Gertrude Stein – mi disse che, a dispetto dei miei timori, lui stesso stava già lavorando a una traduzione in inglese di quel librino, insieme a Megan McDowell, una brava traduttrice americana che misteriosamente vive a Santiago del Cile.

Mesi dopo, quando ebbi l’incarico di tradurre io il famoso libretto con i numerini, capii che senza quell’avventurosa traduzione a quattro mani non sarei riuscita neppure a cominciare il lavoro.

Mi bastò aprire il pdf americano per capire che avevo davanti un libro diverso, modellato sulla lingua inglese e su una cultura più internazionale, ma non meno zambriano del primo. Ora disponevo di due testi paralleli, e nel rimando dall’uno all’altro mi si dischiudeva il senso dei vari quesiti e il modo in cui erano stati costruiti.

Ero sorpresa, però, dalle differenze, e ne scrissi ad Alejandro Zambra. Lui, cordiale e rassicurante come sempre, mi inviò una mail liberatoria, nella quale mi invitava a giocare mescolando soluzioni mie a quelle già trovate per la versione anglofona, dove alcuni problemi legati a riferimenti specifici alla cultura latinoamericana che potevano suonare incomprensibili a un lettore straniero erano già stati risolti con delle sostituzioni.

Così la citazione della poesia di Philip Larkin al quesito 84, per esempio, sostituisce il richiamo a una poesia di Enrique Linh, molto nota in Cile, che si intitola «Monologo di un padre con il figlio di pochi mesi» e che non è mai stata tradotta in italiano. Allo stesso modo «I Wanna Be Your Dog», degli Stooges, sostituisce «El perro mocho», successo anni Settanta del gruppo folk messicano Los tigres del norte.

Nella terza sezione, dove molte delle frasi da completare sono di Pinochet, non mi è parso che la distanza culturale fosse così incolmabile. «Gli studenti vanno all’università per studiare, non per pensare» è un’affermazione autoritaria, riconoscibile come tale sotto qualsiasi cielo, indipendentemente dal fatto che sia stato il dittatore cileno a pronunciarla. Quello che credo arrivi al lettore, in ogni caso, anche al più sprovvisto di nozioni storiche riguardanti il Cile, è un’atmosfera opprimente che si espande a poco a poco, facendosi più intensa e tangibile via via che il libro procede dall’ermetismo delle prime pagine verso la narrazione vera e propria.

Il solo punto nel quale a mio parere si sente la mancanza di una nota, è il quesito 64, alla sezione IV, nel quale a parlare è Manuel Contreras, figlio di quel generale Manuel Contreras che negli anni Settanta fu a capo della DINA, ovvero della polizia segreta di Pinochet, rendendosi responsabile di crimini gravissimi contro l’umanità. Le interviste al figlio di Contreras esistono veramente, si possono trovare in rete, e sono inquietanti come tutte le interviste a figli di assassini multipli e torturatori. Per questo mi sembra che leggendo le sue parole, anche chi non sa chi fosse Manuel Contreras padre, anche chi non è mai stato in Cile e ha solo una vaghissima idea di quanto è avvenuto durante le dittature latinoamericane degli anni Settanta e i loro strascichi, possa avvertire forte e chiaro un disorientamento dei sentimenti che pervade tutte le storie di questo libro. Quello che emerge è un senso di contraddittorietà che si insinua inesorabile, fin dalle prime pagine di parole numerate che tanto insensate possono apparire all’inizio. Perché a mio parere la vera domanda è: che cosa accade nell’animo della gente quando le scelte sono poche, e quelle giuste sono spaventose?

 

© Maria Nicola, 2016. Tutti i diritti riservati.