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Vincere il ribrezzo in nome del cattivo gusto

redazione Sergio Pitol, SUR

Carlos Monsiváis e Sergio Pitol

In occasione del Premio Juan Rulfo vinto da Sergio Pitol nel 1999, il celebre scrittore e cronista messicano Carlos Monsiváis ha tracciato un divertito profilo dell’autore e delle sue opere: pubblichiamo oggi l’estratto su La divina.

estratto di «Sergio Pitol: l’autore e il suo biografo improbabile»
di Carlos Monsiváis

traduzione di Alice Lucchiaro

Pitol è solito variare il suo orizzonte tematico senza modificare un punto di partenza essenziale: senza la presenza o l’aura del grottesco, la normalità non ha senso. La divina è la storia di Dante de la Estrella, un povero diavolo astuto e falso, e del suo incontro con Marietta Karapetiz, somma sacerdotessa di un culto coprofilo che nasce dalle profondità della terra messicana tra i devoti del Santo Bambino del Campo. De la Estrella, isterico e battagliero, racconta di un suo disastroso viaggio a Istanbul alla famiglia Millares, che lo ascolta con indifferenza, repulsione e un ipnotico abbandono. Nella prima parte, noto delle somiglianze con Cronache di Bustos Domecq di Borges e Bioy Casares, il profondo squartamento della retorica neoclassica, la beffa degli stili culturali di un’epoca, la cui ridicolezza in qualche modo redime la parodia.

Nel lungo monologo che è il corpo del romanzo, il linguaggio esasperato, estenuante e torrenziale è il personaggio più vero, esaltazione degli incontri mancati e della coprofilia, quel rifugio e quella visione diafana di Dante de la Estrella. Non tanto sfondo umoristico come scenario del grand-guignol del linguaggio e dei caratteri, La divina accoglie la prolungata imprecazione di un personaggio contro la vita, così come la furia delle situazioni contro i personaggi. Ed essendo la merda alimento inconcepibile e reale, si esige che il lettore vada oltre il cattivo gusto espresso nei dialoghi sul machismo e ammetta che alla scatologia si giunge anche per esasperazione retorica. Il delirio di Dante C. de la Estrella per la materia organica è talmente dettagliato che finisce per identificare l’escremento con la sua frustrazione e liberazione, con un salto che nel cinema lo avvicinerebbe di più a John Waters che non al Pasolini di Salò. «Ovunque proteggi la tua gente, Santo Bimbo incontinente!».

 

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