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Il faro sotto il ponte

Un articolo della scrittrice messicana Jazmina Barrera sul Jefferson’s Hook, l’unico faro sull’isola di Manhattan ad essere scampato alla demolizione grazie al suo valore simbolico e letterario. Il pezzo, uscito originariamente su Letras Libres [1], viene qui riprodotto per concessione dell’autrice, e fa parte del volume Cuaderno de faros [2].

 di Jazmina Barrera
traduzione di Giulia Zavagna

Sebbene siamo soliti pensare ai fari quasi sempre sulle isole, in grandi baie o in mare aperto, esistono fari anche sulle rive dei fiumi. L’Hudson River, che attraversa buona parte dello stato di New York, scorre protetto da fari di ogni genere (non tutti sanno, per esempio, che anche la stessa Statua della Libertà è un faro). Alcuni sono man mano spariti, e sull’isola di Manhattan ne è sopravvissuto fino a oggi uno solo: il Jefferson’s Hook.

Il quartiere vicino al Jefferson’s Hook è Washington Heights, dove abita una nutrita comunità di dominicani. Otto persone su dieci parlano spagnolo sui marciapiedi, i ristoranti vendono mangu, cuatro golpes, salchichón e sopa siete potencias. A ogni angolo c’è un chioschetto di fritti o frutta aperto ventiquattr’ore al giorno, e la domenica la gente porta le sedie e il domino sul marciapiede, come fosse la veranda di casa. Di sera inizia il reggaeton e nelle auto si cominciano a vendere sostanze di ogni genere. Il Jefferson’s Hook, meglio conosciuto come The Little Red Lighthouse, è vicino alla fermata 175 della linea blu della metro, proprio sotto il Washington Bridge. Per arrivarci bisogna attraversare un parco e passare su un ponte che si sviluppa sopra i binari del treno. Ben presto si distingue accanto alle rocce: è un faro molto piccolo, di metallo e di colore rosso scarlatto con la punta verde. A prima vista, la cosa più impressionante è il contrasto dell’architettura rotonda del piccolo faro rosso di fronte all’enorme Washington Bridge, con la sua spigolosa e solida ingegneria grigia. Dentro, il faro è completamente dipinto di nero, e dalla sua piattaforma d’osservazione si riesce a vedere la punta sud di Manhattan, quel cumulo di grattacieli, là dove l’Hudson e l’East River si uniscono.

I fari, come le macchine da scrivere e gli LP, sono diventati obsoleti con i progressi della tecnologia. Sebbene in molti posti continuino a essere utili, per esempio, nelle località dove i pescatori escono a lavorare di notte, la loro esistenza è sempre meno necessaria perché sempre più barche usano il GPS. Strumento che fa le veci del faro, avvisandoli della presenza di correnti, rocce o zone pericolose, di quanto si è vicini alla costa o nei pressi di un porto. In quasi tutte le parti del mondo, i fari che resistono sono ormai automatici, quindi i guardiani dei fari, quegli strani personaggi che li abitavano, poco a poco sono spariti. La storia del Jefferson’s Hook è particolarmente rappresentativa di questo processo attraverso il quale sono passati tutti i fari.

Da quando i Wiechquaesgeek abitavano quelle terre, l’Hudson era luogo di pesca e transito da Albany verso l’isola di Manhattan o verso il mare. Quel tratto dell’Hudson River era particolarmente rischioso, e i naufragi così comuni che fu necessario installare un palo rosso per segnalare il pericolo. Seguì poi nel 1880 la costruzione del faro, anch’esso rosso. Il Jefferson’s Hook ha fatto il proprio lavoro con dignità fino al 1931, quando è stato costruito il Washington Bridge che con le sue luci ha oscurato a tal punto quella del faro che alla fine è stato necessario spegnerla. Allora la Guardia Costiera ha deciso di mettere il faro all’asta, ma la gente si è opposta. E l’ha fatto con un albo illustrato del 1942 dal titolo The Little Red Lighthouse and the Great Gray Bridge. Il faro è il protagonista di quel racconto per bambini scritto da Hildegarde Swift. È un faro orgoglioso del suo eroico compito fino alla costruzione del ponte, quando si intristisce perché sente di aver pe

rduto il proprio scopo. Il racconto ha un finale molto diverso dalla realtà: il piccolo faro scopre che il pontenon è una minaccia, ma il suo fratellone di metallo, e che nonostante la sua enorme presenza il faro continua a svolgere l’importante funzione di assistere le barche. Popolare ancora oggi tra i piccoli lettori, il racconto ha delle belle illustrazioni all’acquarello di Lynd Ward, tutte in rosso, blu e nero. Il piccolo faro rosso ha generato così tanta empatia, che diversi bambini hanno inviato soldi e petizioni per fermarne la vendita o comprarlo.

Nel 1951 la proprietà è stata ceduta al dipartimento dei parchi urbani ed è rimasta in stato di semi abbandono, con la luce spenta, finché nel 1979 è diventata parte del National Register of Historic Places ed è stata restaurata. Nel 2002 si è celebrato il sessantesimo anniversario della pubblicazione di The Little Red Lighthouse e al faro è stata regalata una nuova lente perché restasse acceso, anche se solo per pura nostalgia. È la prima volta che un faro si salva, non grazie al suo valore d’uso, né al suo valore storico, ma per il suo valore simbolico e letterario. La gente si rifiutò di avere una vita così prosaica, in cui la realtà non imita la finzione. Il faro è ancora lì, come una specie di Babbo Natale, affinché i genitori possano portarci i bambini e dirgli: Vedete?, il faro è ancora qui (simbolo del passato, in più di un senso), indispensabile come sempre e d’amore e d’accordo con la modernità.

© Jazmina Barrera, 2015. Tutti i diritti riservati.