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Lucas: caleidoscopico, inafferrabile, divertente

Pubblichiamo oggi, in occasione della #letturadiffusa di Un certo Lucas [1], un contributo di Ilide Carmignani, che al festival La Grande Invasione [2] ha curato un seminario sulla sua traduzione di Julio Cortázar. Il pezzo è apparso originariamente su Pagina99, che ringraziamo.

«Come ho tradotto il caleidoscopio Cortázar»
di Ilide Carmignani

Quando sono stata invitata dagli organizzatori della Grande Invasione a parlare del “mio” Lucas, mi sono chiesta come presentare il libro più caleidoscopico e inafferrabile e divertente che mi sia capitato di tradurre. I lettori di Cortázar non se ne stupiranno più di tanto. Cortázar è forse lo scrittore dotato di una maggiore pluralità di voci di tutta la letteratura latinoamericana: passa da testi intellettuali sul conflitto filosofico tra ragione e intuito a racconti umoristici di sapore popolare, da storie di natura fantastica a pagine in cui la prosa sfuma nella poesia o direttamente nella musica.

C’è chi lo ha accostato a Joyce e a Beckett, e chi, risalendo ancora più indietro, a Laurence Sterne col suo Tristram Shandy. Sicuramente ha rappresentato un grande rinnovamento nel campo del linguaggio e soprattutto delle forme e prospettive letterarie, perché si è spinto oltre la mise en abîme di Borges e dei suoi scacchi («Dio muove il giocatore, e questi il pezzo. / Che dio dietro di Dio la trama inizia / di tempo e sogno e polvere e agonie?») e ci ha sorpreso offrendoci l’equivalente narrativo del nastro di Moebius, testi ora dentro ora fuori la nostra realtà razionale, racconti che come la mano di Escher disegnano se stessi.

Un certo Lucas non è un romanzo, perché non c’è una storia, una trama, anche se ci sono decine di storie, e per di più con un protagonista ricorrente, un certo Lucas appunto. Non è una raccolta di racconti, perché non tutti i testi rientrano nei canoni della short story. Non è un saggio perché c’è molta fiction e per di più fantastica. Non è un’autobiografia, anche se Lucas è senz’altro Cortázar e il suo passato argentino un tema onnipresente. Non è un libro filosofico, anche se riflette a fondo sul rapporto fra realtà e conoscenza.

Non è un saggio di critica letteraria, eppure indaga ripetutamente i meccanismi e il senso del linguaggio e della scrittura. Non è un libro erotico, anche se ci sono pagine estremamente sensuali. Insomma, è nulla e tutto allo stesso tempo. Per me, lettrice privilegiata che ha dato all’originale spagnolo parole italiane, è apparso come un’audace esplorazione narrativa della realtà umana, una realtà troppo vasta per non varcare le frontiere del razionale.