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La letteratura americana dal 1900 a oggi. John Dos Passos

Umberto Rossi BIGSUR, Ritratti

In occasione del centoventesimo anniversario della nascita, pubblichiamo un profilo dello scrittore John Dos Passos, tratto dal dizionario per autori La letteratura americana dal 1900 a oggi, curato da Luca Briasco e Mattia Carratello, edito da Einaudi. Ringraziamo l’autore, i curatori e la casa editrice.

di Umberto Rossi

Figura di spicco del modernismo americano assieme a Ernest Hemingway e T. S. Eliot, il romanziere, saggista e giornalista John Roderigo Dos Passos, nato nel 1896, ha in comune col primo l’esperienza diretta della guerra (autista di ambulanze durante il primo conflitto mondiale, corrispondente estero nella Spagna lacerata dalla guerra civile negli anni Trenta, senza però aver creato una leggenda attorno alle proprie gesta; del secondo condivide il carattere fortemente innovativo della scrittura, in special modo quella degli anni Venti, pur senza assurgere al ruolo di guida letteraria. La morte a 74 anni, nel 1970, gli impedì peraltro di essere considerato un autore «maledetto» come il coetaneo Francis Scott Fitzgerald.

L’infanzia dello scrittore è segnata dall’essere figlio di un facoltoso avvocato di lontana origine portoghese, John Randolph Dos Passos, ma concepito fuori dal vincolo coniugale, con l’amante Lucy Addison Sprigg Madison. Solo alla morte della moglie, avvenuta nel 1910, John Randolph sposerà la madre dello scrittore, che verrà a sua volta riconosciuto nel 1912. Il difficile rapporto tra padre e figlio contribuisce a spiegare le idee politiche del giovane Dos Passos, che simpatizza con gli operai dell’IWW (Industrial Workers of the World) e sposerà la causa di Sacco e Vanzetti; queste posizioni contrastano nettamente con quelle del padre, sostenitore dei monopoli capitalistici per i quali lavorava. La formazione intellettuale di Dos Passos avviene in una scuola d’élite della natia Chicago, la Choate School, quindi con un viaggio di formazione in Europa accompagnato da un tutore privato, infine con gli studi universitari a Harvard tra il 1912 e il 1916. Nel 1917 Dos Passos entra come volontario nel corpo di ambulanze Norton-Harjes, dove milita anche E. E. Cummings; presterà servizio in Francia e nell’Italia settentrionale. Nel 1917 entra nel corpo medico dell’esercito statunitense e viene inviato a Parigi, dove potrà studiare antropologia alla Sorbona.

Fortemente influenzate dalle esperienze durante il conflitto sono le prime due opere letterarie di Dos Passos, i romanzi Iniziazione (One Man’s Initiation: 1917, 1920) e I tre soldati (Three Soldiers, 1920). Il primo è un testo compatto, d’impianto sostanzialmente tradizionale, anche se l’iniziazione del soldato Martin Howe agli orrori e allo squallore della Grande guerra si snoda attraverso una serie di brevi quadri intervallati da spiazzanti salti narrativi. Di maggiore ambizione il secondo: piú che denunciare la guerra da poco conclusa, il romanzo riflette sulla società americana dei primi del secolo nel momento in cui essa si doveva confrontare, politicamente, economicamente e soprattutto culturalmente, con la vecchia Europa. I tre soldati del titolo, Andrews, Fuselli e Chrisfield, sono rappresentativi degli Stati Uniti nel loro insieme: il primo di ceppo anglosassone e protestante, per di più del New England, musicista colto e di idee politicamente radicali; il secondo italiano immigrato proveniente da San Francisco, dove lavora come commesso; il terzo un ragazzo di campagna, originario dell’agrario Indiana. Appartenendo ai tre grandi gruppi sociali bianchi in cui si divide la società americana del tempo, i protagonisti rappresentano con le loro vicende di degradazione e umiliazione nella macchina militare l’omologazione delle differenze individuali nella nuova società di massa. Sbocco di questa prima sperimentazione con la tecnica delle trame multiple, che diverrà un vero e proprio «marchio di fabbrica» dello scrittore, sarà quella che viene considerata la prima opera matura di Dos Passos, e cioè il romanzo Manhattan Transfer (in Italia originariamente edito come Nuova York, 1925), uno dei capisaldi del modernismo in lingua inglese e più in generale delle avanguardie novecentesche. L’opera segue la vita di un gruppo di personaggi – tra cui spiccano il giornalista Jimmy Herf e l’attrice, e in seguito giornalista di moda, Helena Oglethorpe – dalla loro infanzia alla maturità, nel periodo tra il 1900 e il 1925 in cui New York diviene una metropoli globale. Il punto di vista del narratore passa vorticosamente da un personaggio all’altro e da un ambiente all’altro, esplorando i vari strati sociali della Grande Mela, dal proletariato irlandese e italiano ai piccoli commercianti ebrei, al mondo degli affari e della politica, alle élite intellettuali e artistiche, in un affresco dalle mille sfaccettature sostenuto da una prosa a tratti lirica, a tratti giornalistica, e da una resa magistrale del parlato quotidiano dei newyorkesi, capace di tradurre su pagina i peculiari dialetti degli immigrati, degli intellettuali bohémien, dei gaudenti che affollano la prima metà dei ruggenti anni Venti. Quella che Dos Passos ricrea con ineguagliabile nitidezza è una realtà urbana che tutto ingloba e tutto assimila, dove la potenza della scatenata economia statunitense detta i ritmi di una vita accelerata e frenetica; denaro e ambizione travolgono matrimoni, amicizie, tradizioni, vocazioni, e la fuga conclusiva dalla città di Jimmy, ridottosi volontariamente a un barbone, ha il sapore di una condanna morale, accentuata dal parallelo tra New York e la biblica città di Ninive.

La tecnica multidimensionale delle trame simultanee, che in Manhattan Transfer non sempre s’intersecano, viene ulteriormente sviluppata, giungendo a vero virtuosismo, nell’opus magnum di Dos Passos, la monumentale trilogia U.S.A., che si articola nei tre romanzi Il 42° parallelo (42nd Parallel, 1930), Millenovecentodiciannove (Nineteen Nineteen, 1932) e Un mucchio di quattrini (The Big Money, 1936). Già dal titolo si comprende che l’intenzione dell’autore è quella di realizzare un affresco del suo paese che possa essere letto come un Grande Romanzo Americano, opera commisurata alla vastità degli Stati Uniti; la prospettiva si allarga da New York alla «piú grande valle fluviale contornata di montagne e colline», come la descrive Dos Passos nella premessa alla trilogia. Ma gli Stati Uniti sono anche «un gruppo di holding»: quindi U.S.A. deve affrontare un’analisi sociologica degli americani in quanto collettività. Non a caso, tra le biografie che lo scrittore ha inserito tra una sezione e l’altra dei tre romanzi c’è quella del sociologo Thorstein Veblen (nel terzo volume), che ha analizzato e discusso le dinamiche sociali dei ceti agiati, e tra gli americani rappresentativi troviamo Henry Ford, la famiglia Morgan, William Randoph Hearst, Andrew Carnegie. Dos Passos presenta dunque un affresco dell’America dominata dal grande capitale e dai tycoon, scagliata nella prima guerra mondiale dal presidente Wilson (ritratto corrosivamente dallo scrittore) in nome di presunti principi etici, ma in realtà a tutela degli interessi economici dei grandi trust. U.S.A. è la grandiosa cronaca della trasformazione degli Stati Uniti in potenza mondiale, e della lotta tra classe operaia e ceti dominanti; tutto questo però dal punto di vista di un autore che diffidava sempre più del ruolo di guida del proletariato mondiale che l’Unione Sovietica si andava arrogando proprio negli anni Trenta. Ma U.S.A. è anche rilevante per la presa di coscienza dell’impatto dei media sull’immaginario collettivo, che si materializza nelle sezioni denominate «Cine-giornale», collage di notizie giornalistiche, titoli di quotidiani, versi di canzonette; e per il suo carattere di autobiografia cifrata, incarnata nelle sezioni «Occhio fotografico», che presentano episodi della vita di Dos Passos attraverso la tecnica joyciana del flusso di coscienza. L’opera, scritta in reazione all’esecuzione di Sacco e Vanzetti, è anche una requisitoria sulla decadenza morale e politica degli Stati Uniti, proseguendo un discorso iniziato già nei Tre soldati.

In seguito le posizioni politiche di Dos Passos scivolano verso un sempre più acceso conservatorismo, che lo porterà a prendere le distanze dal New Deal di Roosevelt e infine a simpatizzare per il senatore McCarthy e la sua caccia alle streghe. Dopo aver completato la trilogia, Dos Passos è attivo più come reporter che come romanziere (è presente in Spagna durante la guerra civile); la sua produzione letteraria prosegue, ma non ha più l’incisività di un tempo. La trilogia di romanzi District of Columbia (1939-49) non ha la forza di U.S.A. (ma è degna d’interesse la prima parte, Le avventure di un giovane americano, Adventures of a Young Man, ambientata nella guerra civile spagnola); ha intento divulgativo, oltre che di riscoperta delle proprie radici, The Portugal Story (1969); interessanti i reportage sulla seconda guerra mondiale raccolti in Servizio speciale (Tour of Duty, 1946). Nel complesso però la vasta produzione di Dos Passos successiva al 1936 non ebbe l’impatto di quella precedente, che ha influenzato sia autori americani quali Philip K. Dick o Ed McBain, sia di altri paesi; significativamente questi ultimi includono figure di elevato spessore letterario come Alfred Döblin e Jean-Paul Sartre, ma anche autori di bestseller come Arthur Hailey e scrittori di genere come John Brunner.

© Giulio Einaudi editore, 2011. Tutti i diritti riservati.

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