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La persecuzione del verosimile

redazione César Aira, Recensioni, Scrittura, SUR Lascia un commento

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In vista dell’imminente pubblicazione del Marmo di César Aira, vi introduciamo alla sua prosa caleidoscopica con un pezzo di Patricio Pron, già uscito su El Boomerang.

«La persecuzione del verosimile»
di Patricio Pron
traduzione di Claudia Tebaldi

«A rigor di termini, l’immaginazione a cosa serve? Non è anch’essa, e proprio essa in primo luogo, un oggetto privo di funzione apparente incrostato nella mente? Sono gli oggetti strani a crearle una funzione…», scrive César Aira nel suo ultimo libro. Qui (ma si potrebbe dire in tutta la sua opera), il liberissimo esercizio dell’immaginazione non risponde a un’imposizione previa alla scrittura ma deriva dagli oggetti che lo scrittore argentino inserisce all’inizio dei suoi testi: un’improbabile tromba di vimini o un volantino non compaiono in due dei suoi libri più significativi del decennio 1990-2000 come risultato di un eccesso immaginativo, ma è proprio quell’eccesso (inteso come sforzo) ciò che viene richiesto per rendere naturale la presenza di questi oggetti nei testi.

Qualcosa di simile accade precisamente nel Marmo, dove un banale incidente (il narratore effettua un acquisto in un supermercato cinese ed è obbligato a comprare piccoli oggetti inutili e di valore praticamente inesistente per supplire all’inconveniente che deriva dall’assenza di spiccioli per avere il resto) porta a ricevere un pugno di «globuli di marmo» la cui funzione si chiarisce solo quando il protagonista della storia sarà perseguitato da un adolescente cinese, permetterà a questo di entrare in casa sua per realizzare un veloce e incomprensibile zapping per i canali del suo televisore, scoprirà che la statua di un rospo che ha nel suo giardino «palpita», percorrerà Flores in motocicletta con l’adolescente cinese e si recherà in un altro supermercato di quella nazionalità del quale diventerà comproprietario, grazie a un concorso che, in realtà, nasconde il proposito dei suoi proprietari di ottenere una sostanza che gli permetta di ricomporre una statua o un altro oggetto, per loro di considerevole valore, che si è scomposto in globuli mediante un processo atomico raro e inusuale; anche se questo nasconde a sua volta il fatto che, in realtà, i due proprietari del supermercato in questione non sono cinesi ma extraterresti di un mondo identico al nostro, che se ne andarono da questo per percepire la nostalgia del loro mondo ma scoprirono che tutti i mondi si assomigliano e decidono di tornare nel loro grazie a un congegno meccanico, il cui combustibile è dato dalle immagini che hanno registrato con le videocamere di sorveglianza.

L’aspetto eccessivo (in termini immaginativi, dato che il romanzo non arriva a centocinquanta pagine di lunghezza) e ricercato del suo argomento fa sì che Il marmo possa essere letto come una messa in discussione radicale della nozione di verosimile in letteratura; tuttavia, non c’è niente di più lontano da quelle che sembrano essere le intenzioni del suo autore, visto che la peripezia narrata nel Marmo è destinata a giustificare e, appunto, a rendere verosimile l’esistenza dei «globuli di marmo» con i quali s’imbatte il protagonista e a dare un senso alla situazione in cui si trova all’inizio della narrazione, seduto con i pantaloni bassi sopra una lastra di marmo: si ha bisogno di tutto un libro perché questa situazione assurda abbia un senso, ciò che porta al fatto che (più che in qualsiasi altro dei suoi) Il marmo funzioni come il racconto «rousseauiano» di Aira, un autore conosciuto per il suo entusiasmo verso lo scrittore francese.

All’inizio del racconto, il suo narratore e protagonista afferma di non aver altra intenzione se non quella di «mettere per iscritto il resoconto di un attimo di felicità e autocompiacimento, due sentimenti così rari nella mia vita»; per chi legge Aira da anni, tuttavia, entrambi i sentimenti non sono eccezionali: felicità e soddisfazione e ammirazione rispetto alla «poesia sconosciuta» che agisce in questo e nei suoi altri testi; l’«università sconosciuta» di cui parlava Roberto Bolaño nei suoi libri, che è quella della libertà e della letteratura.

 

Patricio Pron (Argentina, 1975) è autore delle raccolte di racconti Hombres infames (1999), El vuelo magnífico de la noche (2001), El mundo sin las personas que lo afean y lo arruinan (2010), Trayéndolo todo de regreso a casa. Relatos 1990-2010 (2011) e La vida interior de las plantas de interior (2013), così come dei romanzi Formas de morir (1998), Nadadores muertos (2001), Una puta mierda (2007), El comienzo de la primavera (2008), e Lo spirito dei miei padri si innalza nella pioggia (2013), che è stata tradotta in norvegese, francese, italiano, inglese, olandese, tedesco e cinese. La rivista inglese «Granta» lo ha scelto come uno dei ventidue migliori giovani scrittori in spagnolo della sua generazione. Pron è dottore in filologia romanza all’Università Georg-August di Göttingen (Germania). Attualmente vive a Madrid. I suoi due ultimi libri sono Nosotros caminamos en sueños e El libro tachado. Prácticas de la negación y del silencio en la crisis de la literatura, entrambi del 2014.

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