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Lo scrittore non può tirarsi indietro: intervista a Fernando del Paso

redazione Interviste, Società, SUR

Pubblichiamo oggi un’intervista a Fernando del Paso, in cui l’autore – ormai quasi ottantenne – di José Trigo, Palinuro del Messico e Notizie dell’Impero (l’unico suo libro pubblicato anche in Italia, insieme a Linda 67) parla dei suoi lavori, delle sue prospettive sul Messico globalizzato e del suo ultimo libro sulla religione. Mentre conversiamo, lo scrittore indossa una maglietta che dice: «¡No mames, Peña Nieto!» (più o meno: «Vaffanculo, Peña Nieto!»). Il riferimento è alla difficile situazione che sta vivendo il Paese dopo la scomparsa, lo scorso settembre, dei 43 studenti di Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero. Da allora il governo, e in particolare il presidente Enrique Peña Nieto, sono stati oggetto di continui attacchi, non essendo riusciti a chiarire quasi nulla di quella tragedia (né di molte altre).

«Intervista a Fernando del Paso»
di Alvise Calderón

AC: Cosa l’ha spinta a scrivere romanzi storici?

FdP: È stato l’interesse nutrito fin da piccolo nei confronti del melodramma storico di Massimiliano d’Asburgo e di Carlotta del Belgio, che ho raccontato nel romanzo Notizie dell’impero. In José Trigo e in Palinuro del Messico sono stato contagiato dalla storia, ma non posso affermare che siano dei romanzi storici propiamente detti. Nel caso di José Trigo – il cui protagonista è un ferroviere dissidente –, la mia conoscenza delle ferrovie, nonché del periodo storico in cui si sviluppano gli avvenimenti, era piuttosto vaga: in qualche misura, ho colmato le lacune leggendo lo scrittore messicano José Guadalupe de Anda, che scrisse in un periodo molto particolare del Messico, vale a dire negli anni in cui tra Stato e Chiesa ci fu un aspro conflitto che sfociò in una guerra civile vera e propia, nel centro e nel sud del Paese. La guerra durò tre anni, dal 1926 al 1929, e oggi la si conosce col nome di “guerra cristera”, dei fedeli di Cristo. Invece Palinuro del Messico parla della tragedia nazionale del 2 ottobre 1968, una ferita aperta ancora oggi. Quel giorno nella Piazza di Tlatelolco o delle Tre Culture, a Città del Messico, furono uccisi brutalmente piu di 500 tra studenti, donne e bambini, anche se ancora non conosciamo i numeri esatti di quella notte maledetta. Anche in questo caso, i responsabili della carneficina sono ancora impuniti. Ma il mio vero romanzo storico è Notizie dell’Impero, un libro al quale ho lavorato per più di dieci anni: dapprima per documentarmi e riunire il materiale storico, poi per scriverlo. Il romanzo narra del fratello dell’Imperatore Austro-Ungarico Francesco Giuseppe, Massimiliano d’Asburgo, che fu viceré del Lombardo-Veneto, sposò la figlia del Re del Belgio, Carlotta, il 27 luglio del 1857, e che fece costruire il castello di Miramare, appena fuori Trieste. La sua reggenza italiana finì nel 1859, quando venne congedato. Nel 1864 partì per il Messico, dopo che Napoleone III gli offrì la possibilità di diventare Imperatore del Paese. Nel romanzo si parla dell’invasione del Messico da parte dei soldati Francesi, della vita di Massimiliano e della sua accettazione della proposta di Napoleone III e dei monarchici messicani. Fu Francesco Giuseppe a far cadere in trappola questi protagonisti del secondo Impero del Messico. E, indirettamente, a consacrare la vittoria dei liberali messicani, guidati dal futuro presidente repubblicano Benito Juárez.

AC: Per quale ragione ha abbandonato il romanzo per dedicarsi al saggio?

FdP: Non sono io ad aver lasciato il romanzo, è il romanzo che ha lasciato me.

AC: Da molti anni, ormai, lei sta lavorando sui temi dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam. Perché ha scelto la religione come argomento del suo ultimo saggio?

FdP: Perché sono diffidente e mi sono sempre interessato alle credenze dell’umanità, all’ottimismo di chi crede non in più dèi, ma in un unico Dio misericordioso, quando tutti i giorni si dimostra esattamente il contrario.

È come se nell’intervista ci accompagnasse anche Carlotta del Belgio, attraverso lo sguardo e la voce di Fernando del Paso in Notizie dell’Impero. Carlotta si presenta con un vestito bianco e una collana d’oro arricchita di giade. La seconda Imperatrice del Messico ci offre il suo punto di vista: di lei si dice che dopo la fucilazione di Massimiliano, sul Cerro de las Campanas, presso Querétaro, nel 1867, impazzì; ma altre fonti ci rivelano che era sempre stata la più intelligente della sua famiglia:

Quello che mi preoccupa, quello che davvero potrebbe farmi impazzire, è il tentativo di comprendere le allucinazioni di cui tutti loro soffrono… Non mi hanno forse insegnato proprio loro, i miei maestri, i miei genitori… non mi hanno forse obbligata a credere nei miracoli? Non mi hanno obbligata a credere alla resurrezione di Lazzaro, e a quella del nostro Signore Gesù Cristo?
Non è la vita una grande menzogna, la menzogna del mondo, quella che non ci raccontano mai, quella che nessuno ci dice, perché tutti ci ingannano?

Rivolgo lo sguardo a Fernando del Paso e gli domando: perché l’Ebraismo, il Cristianesimo, l’Islam? Perché sono religioni monoteiste?

FdP: In primo luogo, perché sono le tre principali religioni del mondo, per quanto anche il Buddismo sia una religione molto diffusa. Ho scelto queste tre religioni perché sono le più vicine a me. Io sono nato in una famiglia cattolica. La fede cattolica mi ha deluso, mi ha deluso il clero e le due religioni più vicine sono l’Ebraismo, sul quale si basa la religione cristiana, e l’Islam, che si basa sulla religione ebraica e sul Cristianesimo.

AC: Crede che le religioni monoteiste siano più astratte di quelle politeiste?

FdP: Non sono più astratte, piuttosto sono più money-teiste. Io credo che il Cristianesimo abbia trionfato a Roma perché in fondo era politeista. Per questo nel Cristianesimo ci sono tante vergini e tanti santi patroni. A Roma, come in Grecia, esistevano il dio dei soldati, il dio dei sarti, il dio dei viaggiatori, il dio del matrimonio, eccetera. Nel caso dell’etica protestante, si può dire che è un’etica capitalista e pertanto money-teista.

AC: Che ruolo gioca lo scrittore nella società? Crede che lo scrittore abbia una responsabilità nei confronti del mondo in cui vive?

FdP: Senza dubbio: non dirgli menzogne, non tradirlo. Anche se non è un obbligo da parte dello scrittore. Però, se assume questo ruolo, non può tirarsi indietro: lo scrittore deve avere un atteggiamento etico nei confronti della società.

AC: Che cambiamenti vede nella società messicana d’oggi? Carlos Fuentes ha detto che il momento in cui i messicani hanno amato di più il loro paese, è stato durante l’intervento militare francese. Lei cosa pensa dei mutamenti dell’identità nazionale in rapporto alla globalizazzione?

FdP: Evidentemente, stiamo osservando una società diversa: soprattutto per il peso della globalizazzione, peraltro molto instabile. Non mi pare che questi cambiamenti siano molto positivi, ma credo che in Messsico il nazionalismo sia ancora molto forte. Mi domando, però, cosa significa amare la propria patria? Cos’è la patria? Carlos Fuentes ha detto che durante l’intervento francese il Paese è stato unito come non mai. Cos’è successo durante l’intervento statunitense del 1913, quando la gente ha permesso lo sbarco dei soldati statunitensi? Non va bene amare qualcosa solo ogni volta che si è sotto scacco; perché non amarlo quando si è in pace?

AC: In Notizie dell’Impero, lei ci parla della struttura delle classi sociali nel Messico della seconda metà del XIX secolo, utilizzando l’espediente della corrispondenza tra un soldato francese agli ordini di Massimiliano e suo fratello, di servizio in Francia. Lei crede che il grande divario tra le classi sia un riflesso della società messicana?

FdP: A parte le innumerevoli comunità di indios analfabeti, la popolazione delle città più grandi è formata per la maggior parte dagli indios stessi, da mendicanti urbani, o da ignoranti che non conoscono la differenza tra una repubblica e un Impero, e a cui non importa saperlo. Un’altra classe è quella degli “accomodati”, che con la loro neutralità possono ricevere con baci e archi trionfali i francesi e gli imperatori, e allo stesso modo gli juaristi. Infine ci sono i ricchi, che sono quasi tutti frivoli, e peraltro quasi tutti ignoranti anche loro… Poi succede qualcosa di ironico: quanto più prestigioso e colto è un messicano, meno è messicano, e meno sembra interessargli il futuro del suo Paese. Quello che gli interessa è vivere come un europeo e che i suoi figli vengano educati come tali.

AC: Esiste una relazione con quello che lei ha descritto in Notizie dell’Impero?

FdP: Credo che la situazione non sia cambiata così radicalmente: osserviamo l’istruzione che ricevono i figli della classe alta o oligarchica, ai quali insegnano prima a parlare l’inglese, e solo dopo anche la loro lingua madre (lo spagnolo). Credo che i ricchi vogliano vedere il Messico come gli americani ricchi, vale a dire come un Paese pieno di folklore locale, senza preoccuparsi delle vere radici e delle specificità della nostra storia.

AC: Perché, secondo lei, i romanzi storici sono così frequenti, specialmente oggi?

FdP: Credo che questa abbondanza, che comprende libri su Gustavo A. Madero (considerato il padre della rivoluzione messicana), sul periodo della dittatura del generale Santa Ana, su Pancho VIlla e su altri fatti e personaggi storici sia tipica di chi vuole capire il proprio passato. Penso che nei Paesi post-coloniali ci sia una necessità di sapere chi siamo, e credo che sia anche un meccanismo culturale per proteggersi dalla globalizzazione.

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