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La poesia di Pedro Juan Gutiérrez

Pedro Juan Gutiérrez è molto più noto in Italia come romanziere che come poeta. Diamo qui un breve assaggio dei suoi versi.

Pedro Juan Gutiérrez è nato nel 1950 a Matanzas, Cuba, una piccola città a est dell’Avana. Ha alternato il mestiere di “strillone” a quello di gelataio, poi è stato soldato zappatore, istruttore di nuoto e di kajak, ma anche raccoglitore di canna da zucchero e bracciante. Attorno ai trent’anni ha fatto il tecnico delle costruzioni e il professore di disegno, occupandosi anche di radio e televisione come assistente regista e autore di documentari. Si è laureato in giornalismo all’Università dell’Avana e ha esercitato la professione anche come speaker radiotelevisivo. Oggi è professore universitario all’Avana ed è molto noto come scultore e poeta visual-sperimentale. Non disdegna apparizioni come attore e animatore alla radio e alla televisione. Ama viaggiare e ovviamente scrivere. Nella sua terra natale è conosciuto come poeta e scultore più che come narratore perché solo ora, dopo anni di emarginazione, è apparso nelle librerie cubane uno dei suoi romanzi, Animal tropical. Lo chiamano il Bukowski cubano, ma lui non lo ama molto, “troppo pessimista e pieno di tristezza alcolica” dice, lui gli preferisce Sherwood Anderson, Hemingway, Grace Paley e Carver. E nemmeno la letteratura tradizionale sudamericana lo entusiasma molto, “non mi piace quella letteratura che abusa della lingua, usa l’eccesso, il barocco, che usa cinque pagine per raccontare un’idea di cinque righe. È un accanimento nei confronti del lettore, un’usurpazione del suo tempo.”

Il suo caso è esploso nell’autunno 1998, con i racconti della Trilogía sucia de La Habana (Trilogia sporca dell’Avana) pubblicati dall’editrice Anagrama di Barcellona, che ha in seguito dato alle stampe i romanzi El Rey de La Habana (Il Re dell’Avana, 1999), Animal tropical (Animale tropicale, 2000), Nuestro GG en La Habana (Il nostro GG all’Avana, 2004), i racconti di El insaciable hombre araña (L’insaziabile uomo ragno, 2002) e Carne de perro (Carne di cane, 2003) e il primo volume di un ciclo autobiografico fittizio, El nido de la serpiente. Memorias del hijo del heladero (Il nido del serpente. Memorie del figlio del gelataio, 2006). I testi di Melancolía de los leones (Malinconia dei leoni) sono invece usciti per l’editrice Unión dell’Avana nel 2000. Il suo romanzo Carne di cane vinse il Premio Narrativa Sud del Mondo 2003 a Roma. Il Premio Alfonso García-Ramos de Novela 2000 è stato assegnato a Gutiérrez per Animal tropical. Il nido del serpente. Memorie del figlio del gelataio vinse il Prix des Amériques insulaires et de la Guyane 2008

Pedro Juan Gutiérrez in Italia è pubblicato dalle Edizioni e/o, salvo l’antologia Non aver paura Lulù (Edizioni Estemporanee).

Poesie di Pedro Juan Gutiérrez

Traduzione di Ana Ciurans e Fabio Donalisio

Da “El último misterio de John Snake”

Destrucción de los mitos
En la oscuridad
persiste cierto sentimiento
de derrota.
La locura,
la desconexión.
Como piedras
que se desploman.
Intento respirar.
Hasta el fondo de los pulmones.
La destrucción de los mitos
consiste
en aplastar a martillazos
algunas medallas (me premiaron
cuando yo era heroico).
Hay que sacar el veneno
de los colmillos.
Pero quedan restos.
Por las noches
el lobo se despierta
y me acelera el corazón.
Angustiado, saco el hocico por la ventana
en busca de aire fresco.
Los rituales destructivos
de mi etapa heroica y mítica
son complicados.
Incluyen ciertos sacrificios secretos.
Debo cuidar a esa fiera salvaje
que me habita,
pero ya sabemos:
el mundo es peligroso.
Y la policía
desprecia a los poetas.

Distruzione dei miti

Nell’oscurità
persiste certo sentimento
di sconfitta.
La follia,
la sconnessione.
Come pietre
che si schiantano
Tento di respirare.
Fino in fondo ai polmoni.

La distruzione dei miti
consiste
nello schiacciare a martellate
alcune medaglie (mi premiarono
quando ero eroico).
Bisogna asportare il veleno
dai denti.
Però rimangono i resti.
Nelle notti
il lupo si sveglia
e mi accelera il cuore.
Angosciato, ficco il muso fuori dalla finestra
in cerca di aria fresca.
I rituali distruttivi
dell’era eroica e mitica
sono complicati
Includono certi sacrifici segreti.
Devo curare la fiera selvaggia
che mi abita,
ma sappiamo già:
il mondo è pericoloso.
E la polizia
disprezza i poeti.

Leaving Las Vegas
And another regrettable thing about death
Is the ceasing of your own brand of magic,
John Updike
Perfection wasted

Solo un poeta trasnochado
sigue utilizando el croar de las ranas,
el silbar de los pinos en noches de luna,
las luciérnagas,
las caracolas atiborradas de espuma
entre las olas y los arrecifes,
las praderas con doradas espigas de trigo.
La realidad es que ya nadie trasmite
tanta paz y silencio.
Todo eso suena ridículo.
El proceso civilizatorio
atraviesa el desorden,
y lo incrementa.
Ahora las imágenes son borrosas,
el ruido es impreciso,
los sentimientos agresivos
con odios, rencores y cárcel.
Las nubes negras
cargadas de electricidad.
Ya no existen nubes rosadas en el crepúsculo.
Y si las hay el poeta no ve nada.
El poeta termina huyendo de esta isla
en una balsa.
Deja atrás la bahía de Matanzas
y sus fantasmas.
Ciudad de poetas desesperados.
Ciudad envenenada como un vicio.
Al fin, cuando Matanzas
comienza a ser un borrón oscuro,
se suicida en Las Vegas
por el método perfecto del coma alcóholico:
traga una botella de whisky
en veinte segundos.
Y se muere en un baño público,
febrilmente,
rodeado de gente desconocida
y curiosos.
Miran indiferentes
la breve agonía
y un espasmo final.
Alguien llama a un número de emergencias
y todos se alejan antes de que llegue la policía.
Años después
alguien publica
unos cuantos poemas
que dejó olvidados en una gaveta.
“Envejecer es la más absurda forma
de suicidarse.”
“Yo me retiro un tiempo,
no me muero.
Adiós un rato entonces,
compañeros”.
Nadie entiende
qué coño pasó
ni por qué se fue
en una balsa endeble.
Por qué vivió aterrado
en la zozobra
de una angustia esquizofrénica.
“He vivido tan rápidamente
que no me he dado cuenta de mí mismo,
que no me he descifrado”.
Oh, terrible poeta suicida.
Los dedos fugaces de la muerte.
Sospecho que fuiste un elegido.
Y algo más: no hay tantos caminos disponibles
como nos gusta creer.
Esa idea es confortable.
Pero errada.
Hasta ahora la única verdad
es que no podemos regresar
por el mismo camino.
Llegamos a un punto
y no hay regreso.
Sólo el olvido.
Borrón y cuenta nueva.
Doy gracias
por tu espectacular
y maravillosa despedida.
Entonces pongo ese disco de Chet Baker
That old feeling.
Y me digo:
Olvida esa historia
de nuestra generación desencantada.
Somos unos perdidos
pero en esta isla todas las generaciones
terminan igual de jodidas.
Una tras otra.
Cada una acumula sangre y mierda
y se la pasa a la siguiente.
Así que es mejor sonreír.
Siempre hay que empezar.
Una y otra vez.
Hasta el último minuto

Leaving Las Vegas

Solo un poeta perdinotte
adopera ancora il gracidìo delle rane,
il sibilìo dei pini nelle notti di luna,
le lucciole,
le conchiglie gonfie di schiuma
tra le onde e gli scogli,
le praterie col grano dorato.
La realtà è che nessuno trasmette oramai
tanta pace e silenzio.
Suona anche ridicolo.
Il processo civilizzatorio
attraversa il disordine,
e lo incrementa.

Ora le immagini sono sfocate,
il rumore impreciso,
i sentimenti aggresivi
con odio, rancore, prigione.
Le nuvole nere
cariche d’elettricità.
Non esistono più le nuvole rosate del tramonto.
E se ci sono il poeta non vede nulla.
Il poeta fugge da quest’isola alla fine
in una zattera.
Lasciandosi dietro la baia di Matanzas
e i suoi fantasmi.
Città di poeti disperati.
Città avvelenata come un vizio.
Alla fine, quando Matanzas
diventa una chiazza scura,
si suicida a Las Vegas
usando il metodo perfetto del coma alcolico:
tracanna una bottiglia di whisky
in veinte secondi.
E muore in un bagno pubblico,
febbrile,
cerchiato da sconosciuti
e curiosi.
Guardano indifferenti
la breve agonia
e lo spasimo finale.
Qualcuno fa il numero delle emergenze
e tutti si allontanano prima che arrivi la polizia.

Anni dopo
qualcuno pubblica
una manciata di poesie
che dimenticò in un cassetto.
“Invecchiare è il modo più assurdo
di suicidio.”
“Mi ritiro per un po’,
non è morire.
Quindi ciao per ora,
amici.”

Nessuno capisce
che cazzo è capitato
né perché se n’è andato
su una zattera malferma.
Perché è vissuto atterrito
nell’irriquietezza
di una angoscia schizofrenica.
“Ho vissuto così in fretta
che non me sono accorto di me stesso,
non mi sono decifrato.”
Oh, terribile poeta suicida.
Le dita fugaci della morte.
Sospetto che sei stato un prescelto.
E poi: non ci sono tante strade da percorrere
come ci piace credere.
È un’idea confortevole.
Ma sbagliata.
Finora l’unica verità
è che non possiamo tornare
dalla stessa strada.
Arriviamo a un punto
senza ritorno.
Solo l’oblio.
Punto e a capo.

Ringrazio
per lo spettacolare
e meraviglioso saluto.

Allora metto su quel disco di Chet Baker
That old feeling.
E mi dico:
Dimentica la storia
della nostra generazione disincantata.
Siamo dei perduti
ma in quest’isola tutte le generazioni
finiscono ugualmente fottute.
Una dopo l’altra.
Ognuna accumula sangue e merda
e la lascia alla seguente.
Così è meglio che sorridiamo.
Bisogna sempre iniziare.
Una volta e un’altra ancora.
Fino all’ultimo minuto.

[Da “Yo y una lujuriosa negra vieja”]
Regreso prohibido

Mi trabajo consiste en sacarte los ojos
arrancarte el pellejo
desollarte
dejarte loco
lanzar tu cuerpo a las llamas
para que jamás regreses
a la ciudad de tu infancia.

Ritorno proibito

Il mio lavoro consiste in cavarti gli occhi
strapparti la pellaccia
scorticarti
lasciarti pazzo
lanciarti alle fiamme
perché no tu non possa ritonare mai
alla città della tua infanzia.