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L'eredità precolombiana in Octavio Paz e Frida Kahlo

[1]Due pagine di Petrificada petrificante

Pubblichiamo oggi la prima parte di un saggio di Luis Roberto Vera su due grandi artisti messicani, a confronto con l’immensa tradizione del loro paese: Octavio Paz e Frida Kahlo.

«Octavio Paz e Frida Kahlo: l’eredità precolombiana» / 1
di Luis Roberto Vera
traduzione di Violetta Colonnelli

Il lascito mesoamericano è ancora vivo nella cultura messicana. La conquista spagnola ha tentato di seppellire le sue manifestazione più sovversive, ciononostante il substrato originario è sopravvissuto – ed è percepibile fino ai giorni nostri – soprattutto nelle lingue, nei costumi e manifestazioni artistiche tra le più varie. Se il sincretismo più che una composizione ideologica è la sopravvivenza di una cultura (spesso quella originaria in un paese conquistato) al di sotto delle istanze della cultura dominante, il suo equivalente biologico è il meticciato.

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1. Kahlo e Paz: segnali di identità

Nonostante le traiettorie di Frida Kahlo (1907-1954) e di Octavio Paz (1914-1998) abbiano coinciso, dal punto di vista politico e ideologico, solo per un breve lasso di tempo, tanto l’opera pittorica di Frida Kahlo quanto l’opera letteraria di Octavio Paz sono segnate dal loro ingresso nell’avanguardia messicana. Si tratta di un movimento doppio: da una parte sono entrambi debitori dei precedenti offerti dalle avanguardie europee le quali, oltre a criticare i valori accademici e di classe, avevano riconsiderato il valore specifico delle arti primitive. Dall’altra vedono nella Rivoluzione Messicana il processo di instaurazione di un nuovo ordine sociale, politico, economico e culturale. Premessa e corollario d’obbligo allo stesso tempo, l’entrata nel xx secolo ha portato necessariamente a stabilire in Messico la rivendicazione globale dell’esistenza del mondo indigeno. Questo doppio movimento non è opposto, bensì complementare: cosmopolitismo e nazionalismo confluiscono in una visione intensamente legata a una riflessione sul valore dell’individuo e il suo ingresso nella realtà messicana.

Lo studio di un processo di sincretismo implica necessariamente una revisione della storia delle mentalità. Questo lavoro su Kahlo e Paz vuole rispondere ad alcune domande che non hanno ancora trovato risposta, nel momento in cui si affrontano questi ponti che partecipano tanto della poesia quanto della riflessione critica sulle costruzioni ideologiche mesoamericane e le loro manifestazioni, archeologiche e attuali: in che modo persistono gli archetipi e i simboli mesoamericani in una storia di tradizione e rottura così lunga come quella messicana? Allo stesso modo, come funzionano le immagini nella creazione – poesia e pittura – il cui referente è un concetto religioso mesoamericano? E ancora, cosa rivelano queste immagini riguardo la natura delle arti visuali? Queste sono le domande a cui il mio lavoro vuole provare a rispondere attraverso lo studio comparativo delle immagini dal contenuto pre-cortesiano nella pittura di Frida Kahlo e nella poesia di Octavio Paz.

Ho approfondito altrove le relazioni di Octavio Paz con il passato precolombiano, mostrando come questo persista e prenda nuovamente vita nella sua opera. Basti quindi dire qui che il mio approccio alla poesia di Octavio Paz è duplice: da una parte si focalizzerà sul suo modo di trattare la divinità duale e, dall’altra, cercherà di rivelare il modo in cui un poeta messicano percepisce l’arte e come e perché questa visione si esprime – e ha bisogno di farlo – attraverso la poesia. La poesia di Octavio Paz abbraccia il xx secolo e in essa le arti visive hanno giocato un ruolo fondamentale. Ma se il resto della sua opera poetica e saggistica è stata profondamente studiata, l’analisi della sua poesia dedicata alle arti visive lo è stata solamente in funzione di altri campi del sapere. Petrificada petrificante sarà il mio riferimento per esemplificare e illustrare la coincidenza tematica tra la sua poesia e la pittura di Frida Kahlo.

Nel caso di Frida Kahlo, insieme all’assimilazione personale delle diverse correnti internazionali, l’adesione al nazionalismo messicano la conduce alla riscoperta plastica del passato precolombiano. Da qui emerge una proiezione decisamente personale della sua identità di genere nell’archetipo fornito dalla dea madre mesoamericana, manifestazione femminile del divinità duale – Ometéotl –, ossia Nostra Signora della Dualità, Omecíhuatl. Coatlicue, la dea madre azteca, e Chalchiuhtlicue, la dea delle acque teotihuacana, sono due manifestazioni di quel principio originario e comune a tutte le grandi culture della civilizzazione mesoamericana. Entrambe sorgono e risorgono costantemente nelle immagini che popolano la sua pittura.

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È significativo il fatto che finora, tra tutti i critici che hanno studiato la sua opera, solo Raquel Tibol, Hayden Herrera e Carlos Fuentes abbiano enfatizzato la relazione di Frida con il mondo precolombiano, aspetto che la stessa artista considerava fondamentale. Basta leggere il suo diario. In realtà potremmo stabilire questa relazione implicita come un riferimento che soggiace alla maggior parte della sua opera.

Gli studiosi concordano sul fatto che tutte le dee madri delle terre mesoamericane non sono che emanazioni o avatar di Omecíhuatl, l’espressione femminile di Omeréotl, l’entità divina originale. Il ruolo del dualismo nella Weltanschauung náhuatl è stato oggetto di studio anche in campo linguistico.

È quindi evidente una perfetta corrispondenza tra il concetto teologico náhuatl di una dea che è manifestazione del principio divino duale e il difrasismo della lingua corrispondente. Tale struttura binaria è sia alla base sia dell’analogia/ironia di Octavio Paz – che prende la donna come sua metafora fondamentale per la trama metaforica con cui costruisce il suo linguaggio, processo che distrugge attraverso la critica e la coscienza della morte – sia colonna vertebrale sulla quale Frida Kahlo articola la sua pittura.