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Nessuno è un classico se non lo vuole

Julio Cortázar Autori, Julio Cortázar, Scrittura, SUR

Il 26 agosto del 1914 nasceva a Bruxelles Julio Cortázar. Per festeggiare il centenario dell’autore, pubblichiamo un estratto da Chi scrive i nostri libri, il volume di lettere editoriali curato da Giulia Zavagna.

di Julio Cortázar
traduzione di Giulia Zavagna 

A Kathleen Walker

Parigi, 26 ottobre 1958

Egregia signora,

ho appena ricevuto la sua lettera del 21 corrente mese. Mi dispiace molto doverle comunicare che ciò che lei definisce come «little judicious cutting», e soprattutto le «condensations» così abilmente operate con gli sforzi congiunti dei due editor dell’edizione spagnola e inglese di Américas,[1] mi sembrano mutilazioni inaccettabili da ogni punto di vista.

So molto bene che il mio racconto[2] è troppo lungo per la rivista. Ma quando il sarto mi prova un vestito che non cade bene, non gli viene certo in mente di chiedermi che mi tagli le gambe o riduca a cinque il numero totale delle mie costole. Allo stesso modo, un venditore di cornici non pretenderà che un pittore sopprima vari centimetri della sua tela perché si adatti esattamente al modello disponibile. In questo caso la cornice è Américas e, se il mio racconto è davvero così meritevole di pubblicazione come segnala nell’ultima frase della sua lettera, la cornice deve servire alla tela, e non viceversa. Il contrario sarà, forse, giornalismo eccellente; ma già si sa che dal buon giornalismo esce cattiva letteratura.

Non mi creda vanitoso né pedante. Desidero semplicemente chiarire che per me un racconto non si differenzia intrinsecamente da un poema, nel senso che i suoi valori ritmici, la struttura della frase e lo sviluppo dell’azione devono produrre nel lettore un effetto di carattere analogo a quello della poesia. Se io accettassi, per esempio, la «condensazione» delle ultime righe di pagina 2, che lei mi propone, dovrei anche accettare che l’incipit di Burnt Norton fosse «condensato» nel seguente modo:

Time present and (time) past
Are (both) perhaps present in (time) future,
And (time) future contained in (time) past.[3]

Dubito fortemente che T.S. Eliot accetterebbe questa condensazione che, tuttavia, è un buon lavoro di pre-edizione.

So bene che negli Stati Uniti modifiche di questo tipo sono una pratica comune. Stephen Spender le denunciò anni fa in un magnifico saggio pubblicato su Horizon. In Argentina e in Francia crediamo che Spender avesse ragione e che nessuno, nemmeno per ragioni stilistiche, abbia diritto ad alterare un testo letterario, poiché uno scrittore deve farsi carico tanto dei suoi difetti quanto dei suoi meriti, e il loro unico giudice dev’essere il lettore. Personalmente, mi sarebbe sembrato molto ragionevole che lei, per ragioni letterarie, mi avesse suggerito tagli e condensazioni del mio racconto. Ciò che mi solleva, e mi obbliga a rispondere negativamente alla sua lettera, è che tali modifiche siano semplicemente dovute a una mancanza di spazio. Non sarebbe stato molto più semplice non pubblicare il racconto, o pubblicarlo in un corpo minore perché rientrasse nello spazio disponibile?

Scusi la veemenza di questa lettera, ma difendo qui qualcosa che credo essenziale nella definizione stessa di ciò che deve essere uno scrittore. Niente potrebbe farmi più felice della pubblicazione di un mio racconto su Américas, il cui amplissimo pubblico conosco e rispetto. Mi dispiace, pertanto, che i termini proposti mi risultino inaccettabili.

Non voglio concludere questa lettera, signora Walker, senza ringraziarla a titolo personale per la sua gentilezza, e per lo sforzo compiuto nei miei confronti. Mi creda comunque suo amico, e accetti i miei migliori saluti,

Julio

P.S. Le restituisco il formulario incluso nella sua lettera.[4]

 

A Fredi Guthmann

In questa lettera a Fredi Guthmann, da sempre figura importante nella vita dell’autore, assistiamo al giro di volta che i primi anni Sessanta segnarono nella vita e nella carriera di Cortázar. Arrivano infatti i primi veri riconoscimenti letterari – ricevuti in particolare in seguito alla pubblicazione di Le armi segrete – e vi è una sempre maggiore consapevolezza politica, anzitutto di fronte alla critica situazione dell’Argentina, che nel marzo del ’62 fu vittima del quarto golpe.

Parigi, 6 giugno 1962 From a nasty joint named UNESCO[5]

Mon cher Fredi,

grazie per le tue righe così malinconiche e affettuose.

Credo che per un paio di settimane siamo stati entrambi a Buenos Aires, ma ti confesso che non ho fatto nessuno sforzo per vedere te e Natacha,[6] perché non volevo infliggere ai miei amici lo spettacolo piuttosto penoso della mia funerea presenza. Sono stato a Buenos Aires quasi di nascosto, e sebbene non mi sia potuto salvare da un reportage, ho fatto in modo che si pubblicasse suppergiù al momento della mia partenza, per evitare che si sapesse che ero lì. Non credere che abbia fatto tutto questo per falsa modestia, o per pura misantropia. È vero che sono un po’ misantropo, e che questa tendenza aumenta giorno dopo giorno, ma in questo caso le mie ragioni erano altre. Sono venuto in Argentina con l’intenzione di non muovermi da casa mia, dove c’erano malati gravi, e una volta lì mi sono accorto che tutto era talmente penoso e deplorevole nell’Argentina dei golpe che sono letteralmente crollato e per due settimane mi sono negato aogni tipo di contatto personale. Grazie all’affetto di Baudi ed Elena sono riuscito ad assaporare alcune ore tranquille, nella loro casa di B.A. e nella villa di Maschwitz. Per il resto, sono rimasto a casa, accanto ai malati, come il reduce che torna a vedere gli antichi scenari della sua vita. Te lo racconto perché tu e Natacha possiate perdonare il mio silenzio; credo di aver fatto bene, vi ho evitato un brutto momento.

Ciò che mi racconti del corso l’avevo già sospettato in modo piuttosto straordinario. Pochi giorni prima di imbarcarmi per il viaggio di ritorno, avevo appuntamento con il pittore Sakai[7] al Jockey Club all’angolo tra calle Florida e calle Viamonte. Poiché non arrivava, ho attraversato la strada per guardare la vetrina della libreria Galatea, e mi sono fermato lì a prendere un po’ di sole. In quel momento, ho visto passare una ragazza con un quaderno e un mio libro sotto il braccio. L’ho guardata con curiosità, ma due minuti dopo ho iniziato ad agitarmi perché sono passate altre tre ragazze, con le mie opere complete amorosamente custodite sotto le tiepide ascelle. È stata una sensazione molto curiosa, quasi postuma. Io lì in piedi davanti alla vetrina, e loro che si fermavano accanto a me per guardare le novità della libreria, senza avere la benché minima idea che quello spilungone dall’aria macilenta e annoiata era J.C. in carne e ossa (ma non nell’anima, perché la mia anima era come sempre a Parigi). Ho avuto la tentazione di allungare il braccio, toccare uno di quei libri e dire alla proprietaria: «Non leggerlo, è pessimo». O una qualsiasi variante del genere. Ma ho preferito conservare quella strana sensazione di essere morto, e vedere passare la gente con i miei libri in mano. Cinque giorni dopo, camminando con Aurora per avenida Santa Fe, abbiamo visto una signora con in mano un taccuino e gli immancabili libri di J.C. Quella volta mi ha fatto quasi ridere. Meno male che la nave sarebbe partita tre giorni dopo, perché era davvero troppo in un’Argentina tanto spettrale. Dico «spettrale» perché a volte, con poca modestia, mi sono sentito l’unico vivo in mezzo a una folla di morti. Tutto dipendeva dall’umore del momento, immagino. Ma ti sarai senz’altro reso conto che è stato tutto di guadagnato non vedermi in quest’occasione.

Ho pensato molto a te in questi ultimi tempi, perché il mio prossimo libro, che si intitolerà Rayuela e si pubblicherà – if we are lucky – alla fine dell’anno, sarà il libro in cui mi troverai appieno, in cui tu e io abbiamo dialogato molte volte senza che tu lo sapessi. Non che tu sia uno dei personaggi dell’opera, ma il tuo umorismo, la tua enorme sensibilità poetica e soprattutto la tua sete metafisica si riflettono nel protagonista. Per fortuna non c’è nulla di autobiografico in questo libro (salvo alcuni episodi dei miei primi due anni a Parigi), ma vi ho invece riversato tutto ciò che provo dinanzi a questo fallimento totale che è l’uomo occidentale. Contrariamente a te, il protagonista non crede che per i sentieri dell’Oriente si possa trovare una salvezza personale. Crede piuttosto (e in questo assomiglia a Rimbaud) che il faut changer la vie ma senza muoversi da essa. Intravede la vecchia credenza secondo la quale il paradiso è in terra, ma è troppo goffo, troppo infelice, troppo nulla per trovare la via. Il tutto mescolato a episodi che mostrano poco a poco ciò che succede in questo mondo a un tipo che pretende di essere coerente con tali idee.

Mi dici che ormai sono già un classico, ma ti sbagli. Nessuno è classico se non lo vuole. I professori possono appioppargli quest’etichetta, ma lui (e i suoi libri) ci sputano sopra. Io sono sempre lo stesso sconcertato cronopio che cammina guardando le bave del diavolo per aria, e che dopo aver fatto ventimila chilometri scopre di non aver tolto il freno a mano.

Non aver paura per me, Fredi. E scrivimi qualche volta, o vieni a Parigi dove sempre ti aspettiamo.

Aurora vi abbraccia entrambi, e anche

Julio


[1] Rivista fondata dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), fu pubblicata con cadenza bimestrale, in due edizioni, in spagnolo e in inglese, dal 1949 al 2012.

[2] «Lettere di mamma», incluso in Le armi segrete.

[3] «Il tempo presente e il (tempo) passato / sono (entrambi) forse presenti nel (tempo) futuro / e il (tempo) futuro contenuto nel (tempo) passato».

[4] La signora Walker rispose: «Touché! Abbiamo deciso di pubblicare il racconto per intero nel nostro prossimo numero (anche se dovessimo stamparlo sui margini)». «Lettere di mamma» fu pubblicato su Américas, n. 11, Washington, gennaio 1959.

[5] «Da un fetido antro chiamato unesco».

[6] Natacha Czernichowska (1919-2012), traduttrice e pittrice di origini ucraine, moglie di Fredi Guthmann.

[7] Kazuya Sakai (1927-2001) fu un pittore argentino di origine giapponese, grande rappresentante dell’arte informale.

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