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La divina: uno sforzo eroico

[1]La divina di Sergio Pitol è in libreria: ne pubblichiamo oggi un estratto, nella traduzione di Francesca Lazzarato, e ne approfittiamo per ricordarvi la presentazione [2] di questa sera.

Amelia si alzò. Andò in cucina a chiedere di servire il caffè e i panini che poco prima aveva ordinato di preparare. Quando tornò in soggiorno, l’atmosfera era la stessa. Nessuno aveva ripreso le sue precedenti occupazioni. Sembrava che perfino l’aria fosse immobile, in attesa che l’ospite riannodasse il racconto del viaggio a Istanbul. Che cosa era accaduto con Ramona e Rodrigo Vives? Perché, soprattutto, de la Estrella non rivelava il mistero al quale sembrava alludere ogni volta che menzionava la professoressa dal ventre sfregiato e dal nome insolito, quella Marietta la cui apparizione, tante volte annunciata, sfumava proprio quando era sul punto di concretizzarsi? La prostrazione dipinta sul volto dell’avvocato rendeva difficile azzardare qualsiasi commento o arrischiare qualche domanda. Fu un sollievo per tutti quando Amelia Millares uscì dalla cucina e, rientrando nella stanza, prese la parola con assoluta naturalezza.

«Ci porteranno il caffè tra un attimo. A quest’ora è quello che ci vuole. Mio marito diceva che nei pomeriggi di pioggia non c’è niente di meglio di un buon caffè, un bicchiere di cognac e una bella conversazione». Nel medesimo tono con cui aveva enunciato queste banalità, aggiunse: «Ho l’impressione di essermi persa la fine della storia. Mi dica, avvocato, quando siete arrivati al ristorante l’uccellino era volato via, non è vero?»

I Millares aspettavano la risposta quasi con ansia. Appena Dante de la Estrella aprì bocca, tuttavia, non gli permisero di rispondere. Le loro voci si alzarono tutte insieme. Se qualcuno fosse riuscito a decifrare quella confusione, avrebbe sentito:

Elenita, la figlia di Millares, che domandava quanti turchi può contenere la Moschea Blu, e se era sempre piena, o se si riempiva solo durante la messa.

Suo fratello Juan Ramón, che voleva sapere se al ristorante la turca aveva ballato la danza del ventre, e aggiungeva, giulivo, che gli sarebbe piaciuto moltissimo vedere la cicatrice a forma di boccuccia, e se era vero che i suoi bordi si aprivano e si chiudevano come se stesse cantando.

Il vecchio Millares, secondo il quale non sarebbe stato difficile incontrare la donna in un altro momento, nel caso se ne fosse già andata. In fin dei conti avevano fatto quel viaggio in Turchia apposta per vederla. Non era così?

Amelia, che chiedeva di spiegarle chi si era innamorato di chi: sin dal primo istante aveva intuito che quella doveva essere una storia di amori difficili, ma senza riuscire a individuare con esattezza i protagonisti.

E Salvador Millares, l’architetto, che confessava di essersi lasciato sfuggire la cosa più importante. Perché l’avvocato aveva smesso di rivolgere la parola a Rodrigo Vives? O, come nel loro caso, era stato Rodrigo a decidere di troncare ogni rapporto con l’avvocato? Qual era stato il problema? Ancora e sempre una questione di soldi?

In quel momento la cameriera entrò con il caffè e i panini. Tutti tacquero, come imbarazzati. L’avvocato si scusò perché non beveva caffè e si preparò un altro whisky, meno generoso del precedente. Nel silenzio che era di nuovo sceso nella stanza, mangiò in fretta, a grandi bocconi, un immenso pezzo di frittata di patate e bevve rumorosamente il suo whisky.

«E allora, avvocato?», tornò alla carica Amelia. «Allora che?», chiese lui, aspramente.
«Non ha risposto alla mia domanda».
«Infatti, non ho risposto, e se lei mi mette fretta mi permetterò di dirle che non ho motivo di farlo. Fra l’altro, perché trovo incomprensibili le sue parole».

«Ho solo chiesto se l’uccellino era volato via», ribattè lei, un po’ seccata.

«E io le rispondo con un’altra domanda: quale uccellino doveva volare via? A quanto sembra, secondo lei non ho fatto altro che parlare di uccelli, non è così? Di anatre? Di galline?» Poi aggiunse seccamente: «In virtù di una delle contraddizioni di cui l’anima collettiva è così ricca, voi tutti desiderate sapere qualcosa da me, mi spingete a spiegarmi, e quando finalmente riuscite a vincere i miei scrupoli, scatenate un pandemonio tale da impedirmi di parlare. Sono stato sincero con voi. Ve l’ho detto, questa è la prima volta, e di sicuro anche l’ultima, che parlo del mio viaggio. Non dipende solo dal fatto che ho visto quella prodigiosa moschea», disse, indicando il puzzle di Juan Ramón, «ma anche e soprattutto dalla vecchia amicizia che ci unisce; e magari c’entra qualcosa anche il sogno che ho fatto stanotte. Un incubo che non riesco a ricordare, ma che probabilmente ha a che fare con questa improvvisa necessità di confidarmi, per me affatto inconsueta. Ho trascorso tutta la mattina in uno stato di semi-sonnambulismo, con la sensazione che quel sogno irrecuperabile fosse ancora vivo dentro di me e mi tormentasse. A un tratto ho sentito di dover parlare con sua moglie, Millares, e mi sono imbattutto in quella moschea. Un vero e proprio caso parapsicologico! Non capirete mai, forse perché vi ostinate a non farlo, quanto quel viaggio mi abbia danneggiato, non solo allora, il che sarebbe normale, ma negli anni successivi. La mia vita non è più stata la stessa. Ebbene, non mi pento di essere andato a Istanbul. Mi lamento, parlo dei miei traumi, dei miei dolori eccetera eccetera, ma in fondo devo ammettere di aver trionfato, nella lotta che si è scatenata laggiù. Sì, in quel terribile torneo sono stato l’unico vincitore. Davanti a me si è aperto uno spazio infinito per sviluppare il mio spirito. Temo, Millares, che lei, ridotto per sua stessa volontà a leggere letteratura di quart’ordine, non sia in grado di capire il piacere che possono dare libri di altro genere. A mio giudizio, niente al mondo supera le delizie dell’erudizione. Cercare certe opere in cataloghi difficili da reperire, richiederle, attendere con impazienza il loro arrivo. Trascorrere diverse ore al giorno in loro compagnia e in assoluta concentrazione, prendendo appunti. Sono un altro uomo, nonostante gli sforzi di mia moglie e del mondo per farmi volare basso. Uno sforzo eroico che molti non capiscono, ma la cui realizzazione mi basta».