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Diario americano | 6

Marco Cassini BIGSUR, Reportage, Società

L’ultima puntata del diario di viaggio di Marco Cassini.

[clicca qui per leggere l’episodio precedente]

Otto (bonus track)

C’è una bonus track, che però non arriva più dal juke box del Caffè Trieste perché in questo momento io e il mio jet lag siamo sul divano della mia casa al Ghetto, a Roma (sì, quella del palazzo precolombiano). Più che una canzone è un medley, e sono le cose che non hanno trovato spazio nel racconto finora. C’è la visita alla Fortune Cookies Factory di China Town, con le impiegate che piegano le cialde appena sfornate quando sono ancora morbide (e possono infilare dentro il bigliettino della fortuna) dandogli una forma che ricorda un po’ quel giochino che si faceva a scuola infilando i polpastrelli in un foglio ripiegato più volte che si apriva e chiudeva a caso su delle parole un po’ magiche. C’è stata la passeggiata lungo l’oceano, dal Maritime National Park (di fronte alla cioccolateria Ghirardelli, un’istituzione della città) lì dove nel 2012 io e Emiliano facemmo il bagno a Ognissanti (poche ore prima di volare verso una tempesta di neve a New York), Fort Mason dove stavano preparando un palco e pensavo che la sera ci sarebbe stato un concerto, e poi invece ho scoperto (ma troppo tardi!) che ci sarebbe stato un comizio di Bernie Sanders (succedeva contemporaneamente ai festeggiamenti per Ferlinghetti) e poi tutto il Marina District fino al Presidio dove c’è il parco che arriva al Golden Gate Bridge (una zona che io e Gianmario nel 2015 abbiamo percorso tutta in bici, prima di prendere poi in macchina la strada verso Big Sur: volevamo andare a festeggiare la nascita della nuova collana nel posto che le ha dato il nome). C’è stata la colazione al caffè Vesuvio, vecchio ritrovo di vecchi beat come noi, con Enrico Deaglio, che mi ha raccontato i suoi ormai lunghi anni a San Francisco, e con cui abbiamo cercato di ricordare su cosa scrissi un articolo per il numero zero di Dario («Era anche quello un viaggio negli Stati Uniti, sicuro!» «Ma sempre qui a San Francisco?» «No, mi sa che era il racconto di quando sei stato a casa di Carver».) il pranzo con Annamaria Di Giorgio, direttrice dell’Istituto italiano di cultura che da poco ha preso servizio ma che ha già mille progetti per ravvivarne l’attività, mentre guardavamo la mostra dedicata a Ferlinghetti all’Istituto qualche progettino lo abbiamo buttato giù anche noi… (Abbiamo però parlato anche molto di cibo, di Premio Strega, di Trieste, ma non del capoluogo del Friuli Venezia Giulia e nemmeno del caffè di North Beach bensì del famoso pizzettificio di Pescara, sua città d’origine, che io ho conosciuto in occasione del FLA e che ha da poco aperto anche a Roma.) C’è stata la cena (oddio ma mangiavo sempre?) con Mauro Zanetti Aprile, che mentre mangiavamo una pinsa da Barbara mi ha spiegato in cosa diarioconsiste il lavoro di Chief Evangelist che svolge per alcune Tech Company di San Francisco. Non sospettavo nemmeno esistesse, una figura professionale del genere, e invece… E dei bicchieri di vino con Dave Eggers, la sera prima di partire, subito dopo l’incontro con Ferlinghetti, in cui abbiamo parlato principalmente di politica: lui c’era stato a sentire Bernie («E come è stato?» «Be’ Bernie è fichissimo, se lo ascolti ti esalti, ma credo non abbia l’età giusta per questo paese»), perché segue diversi candidati in campagna, «Vado quando qualcosa mi interessa davvero, come qualche settimana fa a El Paso, la città con la più alta percentuale di popolazione latina degli Stati Uniti, dove però c’era più gente al comizio di Donald Trump che a quello del democratico Beto O’Rourke: non me li commissionano gli articoli, io ci vado per mio interesse, poi se trovo qualcosa di davvero potente ne scrivo per qualche giornale. Un mio recente articolo per il Guardian è stato ripreso da Internazionale. Mi piace un sacco Giovanni De Mauro!» Certo, loro sono i migliori in Italia. Dovresti venire per il loro festival a ottobre. «Guarda, stiamo seriamente pensando di venire a vivere in Europa coi bambini quindi non lo escludo… Comunque, tornando ai comizi, mi sa che sto accumulando del materiale che potrebbe entrare nel mio prossimo libro. Mi rendo conto che forse per l’età che ho vado più a comizi politici che a reading letterari. Non è che mi interessi meno la letteratura, figuriamoci, ma quello che conta davvero è chi ci governerà. La gente dopo il primo mandato di Obama ha iniziato a criticarlo, poi è arrivato Trump ed è quando ci sono persone come Trump, o come Berlusconi, o come si chiama il vostro tizio fascista che odia gli immigrati… insomma è quando vedi il rischio di essere governato ancora da gente così che capisci quanto la politica sia più importante di tutto». Ho sentito che hai cambiato casa editrice in Italia, o almeno così mi è sembrato di capire da un tweet… «Adoro le persone con cui ho lavorato questi anni a Mondadori, ma da Feltrinelli ho trovato uno spirito nuovo, ho conosciuto Gianluca Foglia e mi sembra davvero in gamba». Immagino che rilanceranno anche la backlist, la loro collana di tascabili è il posto migliore dove poter rilanciare insieme al nuovo libro anche tutti i vecchi libri. «Sì, mi hanno appena mandato delle prove di copertine per Staggering Genius, quindi immagino che inizieranno da quello…» «E Valencia?» «Ormai abbiamo tre sedi della scuola, una l’abbiamo inaugurata pochi giorni fa a Mission Bay, nel nuovo quartiere «tech» di San Francisco (mi fa un disegnino con due grossi rettangoli. «Questa è San Francisco, e qui hanno costruito un’intera città che prima non c’era. Tutte aziende di digitale»): ci girano così tanti soldi che è stato facile farci dare un posto gratuito per una scuola destinata ai ragazzi poveri». «Quindi alla fine sei spesso in giro a chiedere finanziamenti?» «Be’ sicuramente è l’attività che mi porta via più tempo, solo che io sono completamente incapace a parlare di soldi. Ormai però abbiamo un metodo infallibile: io vado a pranzo con qualche ricco CEO di un’azienda digitale, ci parlo due ore e lui resta a bocca aperta pensando al potenziale che c’è in quello che i suoi soldi garantiranno ai ragazzi meno fortunati. Poi mezz’ora dopo gli arriva una telefonata di Ninive Calegari, la co-fondatrice di Valencia, che passa a riscuotere… Devo dire che il digitale ha diariodavvero cambiato la faccia di questa città, spesso in peggio, basta pensare a quanto sono aumentati gli affitti e il costo dei servizi essenziali, però a me interessa trovare nuove opportunità per i miei ragazzi, e oggi ce ne sono molte più che in passato».

diarioE poi cos’altro c’è stato in questi giorni? Il margarita pessimo ma buonissimo al Saloon, e la chili bowl da MooBurger su Court Street, e correggere le bozze al sole sotto il ponte di Brooklyn, e la mostra di Frida Kahlo con tutti i suoi vestiti al Brooklyn Museum, e discutere di Nabokov con l’addetto alle file alle casse di Trader Joe’s di Atlantic Avenue, e passeggiare per China Town a San Francisco dove niente cambia da chissà quanti anni (le zampe di gallina in vetrina, i cumuli di cianfrusaglie in ogni negozio, vecchi cinesi che fanno tai chi al parco) mentre la città intorno cambia a ritmi vertiginosi, e i cinque dollari di commissione per ritirare soldi al bancomat, e librerie che spariscono e librerie che aprono, e le scritte col gessetto agli angoli delle strade di Carroll Gardens, e comprare i libri, e leggere, e cercare e scoprire e chiedere e ascoltare, e il tutto con mezzo piede e mezza testa anche a cosa succede in Italia, in casa editrice (libri da mandare in stampa, autori in arrivo per il Salone di Torino, i nuovi corsi in partenza per la Scuola del libro) ma sempre affamato di curiosità, alimentata pure dal fatto che disattivando il roaming ci sono momenti della giornata in cui senza wifi e senza 4G le cose non le cerchi sullo smartphone ma intorno a te, nelle librerie, sulla panchina di un parco, nelle persone con cui sei a cena o che incontri davanti a una cassetta del book crossing, e anche, per non sembrare troppo luddista, tra i manoscritti che mi ero mandato sul kindle prima di partire e che mi sono letto in albergo o in un bar.

Succede sempre così: ogni volta che penso di voler partire mi viene il terrore di lasciare troppe cose qui. Quando poi parto e sono lontano, mi chiedo perché non lo faccio più spesso. E stavolta ho pensato di tenere questo diario non tanto per raccontarlo, quanto per ricordarmene meglio la prossima volta che sarò indeciso se partire o meno. Eccomi tornato a Roma, pronto per restare, pronto per ripartire.

© Marco Cassini, 2019. Tutti i diritti riservati.

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