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Aveva un sole dentro

Joy Laville Ritratti, SUR

Pubblichiamo oggi un articolo in cui la pittrice Joy Laville ricorda il marito Jorge Ibargüengoitia, autore di Messico istruzioni per l’uso.

 di Joy Laville
traduzione di Francesca Lazzarato

Jorge stava lavorando a un romanzo il cui titolo provvisorio era Isabel cantaba, quando gli arrivò l’invito per un incontro di scrittori in Colombia. L’incidente accadde, come è noto, proprio mentre ci stava andando. Jorge era in dubbio sin dall’inizio: non voleva smettere di lavorare al suo libro. Al momento di prendere una decisione, però, era arrivato a un punto in cui doveva fermarsi e riprendere il romanzo dall’inizio. Per lui era normale, lavorava così, fermandosi di tanto in tanto e ricominciando tutto daccapo. Qualche volta ci volevano diversi giorni perché avesse un’idea chiara sulla direzione avrebbe preso la nuova corrente della sua storia. Ma una volta trovata la soluzione, niente lo fermava, e cambiava in modo considerevole la versione precedente. Un personaggio secondario diventava protagonista, un altro che prima veniva assassinato, stavolta era l’assassino. I personaggi cambiavano anche fisicamente.

Vivevamo a Parigi da alcuni anni, frequentando poca gente. Molte delle nostre cene in casa con gli amici venivano preparate da Jorge. Gli piaceva inventare ricette e mescolava, con grande successo secondo i nostri amici, la cucina italiana con la messicana. Preparava molte pietanze diverse e amava in modo particolare fare la spesa per la cena. Specialmente con la vita di quartiere che c’è a Parigi, dove ogni negoziante (quello dei formaggi, quello dei vini o del pane) conosceva ormai Jorge, lo consigliava e assecondava i suoi gusti. C’era un giornalaio che somigliava incredibilmente a un suo zio di Guanajuato. La somiglianza divertiva moltissimo Jorge, che stabilì con l’uomo un rapporto cordiale. Spesso faceva un giro un po’ più lungo per comprare i giornali da lui, invece che all’angolo.

A Jorge piaceva molto passeggiare per Parigi. Era diventato quello che i francesi chiamano un flaneur: qualcuno che gira per le strade godendo moltissimo di tutto ciò che vede, senza una direzione precisa e sempre disponibile a stupirsi. Camminare lungo il fiume era un gran piacere, così come esplorare le bancarelle dei bouquinistes, i librai dell’usato che hanno i loro banchetti sulle rive della Senna. In certi quartieri le strade sono davvero gradevoli, e Jorge finì per conoscere bene la città. Di solito faceva queste passeggiate nel pomeriggio, perché di mattina scriveva ed era molto severo con sé stesso riguardo alla continuità del suo lavoro. La mattina ognuno si preparava la sua colazione. La mia era molto sobria, mentre a Jorge piaceva piuttosto abbondante. Poi scriveva nel suo studio per l’intera mattinata. Il tavolo era accanto a una finestra da cui si vedeva una scuola femminile. Quando le ragazze uscivano in strada, Jorge interrompeva il lavoro per osservarle. Mi faceva pensare, allora, al protagonista del romanzo Lolita, e lo divertiva molto che glielo ricordassi. Quando smetteva di lavorare, a mezzogiorno, si affacciava nel mio studio e mi portava una tequila. Bevevamo sempre qualcosa insieme, prima di mangiare. Poi lui leggeva a letto, o scriveva un po’, o usciva a fare quattro passi. Teneva lo studio in un ordine meticoloso. Scriveva a macchina e lo affascinavano tutte le cose che vendono nelle cartolerie. Anche le sue carte e i quaderni di appunti erano in ordine perfetto. Affiancava sempre al lavoro sui romanzi un quaderno di riflessioni sullo sviluppo della trama e dei personaggi. Gli piaceva enormemente il lungo processo di scrittura e riscrittura dei suoi libri. Era un uomo fondamentalmente allegro: aveva un sole dentro. Jorge era acuto, dolce e allegro.

Vuelta, marzo 1985

© Joy Laville, 1985. Tutti i diritti riservati.

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