La casa dei Gunner

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Maria Galeano #InCasaEditrice Lascia un commento

In questi giorni la redazione si è sparpagliata nelle case di tutti noi: ecco allora i dispacci dalle sedi distaccate di SUR, che mai come adesso si sente una CASA editrice. Oggi scrive Maria Galeano, ufficio stampa.

Cari lettori,
c’è una canzone che ascolto sempre quando ho bisogno di calmarmi, è «Across the Universe» dei Beatles, che nella versione cantata da Fiona Apple ha su di me un effetto incredibilmente terapeutico. Vi lascio solo immaginare quanto la stia ascoltando in questi giorni…
Dico sempre che il mio (quello di ufficio stampa) è un lavoro per persone entusiaste. E intendo che ci vuole entusiasmo in esubero per motivare qualcuno, magari in una breve telefonata, a leggere proprio il libro di cui gli stai parlando (tra i mille libri che ricevono i critici e i giornalisti culturali), a innamorarsene (si spera) e infine a scriverne sul giornale (bingo!).
Dicevo entusiasmo, la mia riserva d’oro, che cerco di preservare, soprattutto adesso, continuando a fare il mio lavoro, continuando a parlare di libri con passione.

«La sottrazione» di Alia Trabucco ZeránIn questo, devo ammetterlo, sono fortunata. Tra i prossimi titoli che pubblicheremo c’è un libro che amo molto, si tratta del romanzo d’esordio della scrittrice e attivista cilena Alia Trabucco Zerán. La sottrazione è il racconto lirico della generazione perduta del Cile, quella che ancora cerca di sfuggire all’ombra politica dei propri genitori.
Condivido un piccolo estratto, così potete farvi un’idea:

 

La mia prima impressione di Paloma fu quella di una rockstar. Una volta in casa, si rifiutò di muoversi dal corridoio e i suoi non cercarono di convincerla, sparirono in una girandola di abbracci, quanto-tempo, non-ci-posso-credere, è-arrivata-Ingrid, e quasi senza rendercene conto io e lei restammo sole: due statue imperturbabili di fronte agli andirivieni degli ospiti che vagavano indecisi tra il soggiorno e la cucina, tra la cucina e il tinello, tra l’entusiasmo e la paura. Lei ascoltava musica e sembrava che nulla le importasse all’infuori di ciò che succedeva ai suoi piedi, dove il calcagno batteva il tempo di una melodia andando furiosamente su e giù.

Un, due, silenzio. Un, due. Io non sapevo cosa dirle, cosa fare per interromperla o per superare la timidezza che mi aveva ormai fatto consumare quasi tutte le unghie delle mani. Ero abituata a stare con i grandi e la sua presenza misteriosa, annunciata da mia madre come l’arrivo di un angelo o di un marziano, mi aveva tenuta sulle spine per tutto il giorno. Chiusa in un silenzio assoluto, di certo trascinata contro la sua volontà a quella noiosissima festa, tutto quello che Paloma mi offriva era il tamburellare del suo calcagno sul pavimento, l’unico indizio sulla musica che ascoltava, pensai, e avvicinai un piede al suo, muovendolo appena fino a sintonizzarmi con quel coro muto. Lei batteva due colpi e io altri due.

Qualche minuto dopo, quando ormai stavamo quasi ballando senza muoverci, si fermò; ci fermammo entrambe. Paloma si raddrizzò davanti a me (dieci, forse quindici centimetri più alta), mi prese la mano, mi girò il palmo verso l’alto e mi consegnò le sue cuffie. Mettile, disse con un accento duro e una voce strana. Mettile e premi play, insisté, senza smettere di masticare quel lombrico schiacciato e bianchiccio. Fu lei stessa ad avvolgermi i cuscinetti neri attorno alle orecchie e a farmi segno con un dito sulle labbra di non far rumore e seguirla. E io mi incamminai vicino, il più vicino possibile al suo corpo, ipnotizzata dalla bretellina di seta che faceva capolino da un angolo della spalla, dalla punta della treccia che le scendeva fino in vita come un amo e da quella musica che nasceva in un angolo della mia testa: una chitarra, una voce, le urla più tristi del mondo.

Alia Trabucco Zerán, La sottrazione, traduzione di Gina Maneri

 

Mentre parlo e chiacchiero al telefono della Sottrazione, mi porto avanti con la lettura dei romanzi in uscita tra qualche mese, e mi faccio fulminare dalla Casa dei Gunner della scrittrice americana Rebecca Kauffman. Fulminare perché dentro un solo romanzo trovo echi di Stand by me, Il grande freddo e persino di It (senza mostro però), e perché i sei amici protagonisti somigliano tanto a me, ai miei colleghi, ai miei compagni di scuola, e rimangono impigliati nei pensieri per parecchio tempo dopo aver chiuso le pagine del libro.

 

«La casa dei Gunner» di Rebecca Kauffman

 

Prima di andare a dormire, invece, mi dedico alla lettura della trilogia di Rachel Cusk (Resoconto, Transiti e Onori, Einaudi). Non avevo mai letto nulla di suo, ma un’intervista di qualche settimana fa mi aveva incuriosito e dopo aver chiesto il parere di un’amica e lettrice di fiducia (Laura Pezzino, che ringrazio) ho deciso di comprare subito il primo libro. La struttura narrativa di Resoconto è assolutamente originale e straniante, è come avere a che fare con una protagonista quasi invisibile e conoscerla/svelarla un po’ alla volta attraverso quello che ascolta e raramente quello che dice.

Sperando che l’entusiasmo in qualche modo vi sia arrivato, perdonate le troppe parentesi e fate buone letture.
La canzone di cui parlavo, invece, la potete ascoltare qui.

A presto,
Maria

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