#InCasaEditrice /12

Marco Cassini #InCasaEditrice

In questi giorni la redazione si è sparpagliata nelle case di tutti noi: ecco allora i dispacci dalle sedi distaccate di SUR, che mai come adesso si sente una CASA editrice. Oggi scrive Marco Cassini, editore.

Cari lettori,
la geografia letteraria del mio appartamento è organizzata in questi giorni da un arredatore d’interni piuttosto esigente, guai a sgarrare ai suoi dettami.

La cucina, mai così frequentata come nell’ultimo mese e mezzo, è rigorosamente il regno degli audiolibri, dove al ritmo del memoriale di Humbert Humbert, nella voce di Marco Baliani, metto a punto il mio ricettario, che sembra essersi incagliato alla lettera P: il mio forno ha sfornato Pane, Panini, Pizza, Pasticci di Patate e perfino una inaspettatamente buonissima Pastiera Pasquale.

 

Basterebbe un appena, un non voglio,
per cominciare diversamente la giornata,
bollire la radio con le patate

 

Il corridoio è dove mi sono creato il mio percorso quotidiano per le passeggiate al riparo da droni importuni, accompagnate dalla lettura dei libri candidati al Premio Strega. La mia casa ha soltanto due stanze ma un corridoio lungo e tortuoso (provvisto anche di salutari scalini qua e là), tutto costeggiato da librerie a parete: lo percorro un centinaio di volte al giorno, cento all’andata e cento al ritorno fanno diversi chilometri in modalità criceto, con in mano l’e-reader su cui ho caricato i file dei dodici romanzi finalisti. Il primo giorno ho notato che tenere il conto dei giri rischiava di distrarre l’attenzione dalla lettura, ma ho trovato un efficace rimedio: all’altezza della portafinestra che indica tanto la partenza quanto il traguardo ho messo, come alla fine dell’arcobaleno, una pentola, solo che questa ha accanto il pacco delle mezze maniche rigate; a ogni giro ne prendo una e la infilo nella pentola. Ormai ho imparato con una buona approssimazione visiva a capire quando è il momento di fermarmi. (Adesso però mi sono distratto a fare il calcolo – spoiler, la risposta è 3,33 periodico – del rapporto matematico che intercorre fra dozzina e quarantena.)

 

Non ci voleva molto a capire o a immaginare che la casa era sempre la stessa, […] la sagoma di spalle guardava verso una portafinestra distante. Stranamente la sagoma del personaggio era meno intensa dei tavoli vuoti, aveva qualcosa del visitatore occasionale che passeggia senza troppe ragioni per una vasta casa abbandonata. E poi c’era il silenzio.

 

Il soggiorno è invece il territorio delle letture lavorative: romanzi stranieri da valutare, testi di imperterriti amici e parenti che me li mandano «solo per un parere», riletture per affrontare una delle tante dirette social che in queste settimane hanno animato la vita della casa editrice, e ovviamente qualche correzione di bozza.

 

Correggere un libro è anche affrontarlo, come una prova di stampa, verificare se davvero è prova di qualcosa, vita lavoro idee condotta errori gusti speranze fallimenti rinsecchimenti sbavature per non parlare del concreto hic et nunc, ovvero linguaggio temi scrittura idioma prospettive contrattempi desinenze divergenze convergenze necessità gratuità narcisismo impegno destino

 

Il bagno mi ha concesso generose, lunghe pause, non avendo grazie al cielo seguito il consiglio dell’amico Gianmario di rinunciare alla vasca a vantaggio di una grande doccia: a mollo per ore e con una frequenza tripla o quadrupla rispetto ai tempi normali, qui ho portato avanti la metodica rilettura di libri italiani recenti per un progetto commissionatomi dall’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco: la selezione di dieci brani tratti da altrettanti romanzi italiani recenti di autori mai tradotti in inglese.

 

Negli appartamenti di adesso si sa, l’ospite va in bagno e gli altri continuano a parlare del Biafra e di Michel Foucault, ma c’è qualcosa nell’aria, è come se tutti volessero dimenticare di avere le orecchie e al tempo stesso le orecchie si orientassero verso il luogo sacro che naturalmente nella nostra società ristretta è ad appena tre metri dal posto dove si svolgono queste conversazioni di alto livello, ed è certo che malgrado gli sforzi che farà l’ospite assente per non tradire le sue attività, e quelli dei commensali per aumentare il volume del dialogo, a un certo punto risuonerà uno di quei rumori sordi che si fanno sentire nelle circostanze meno indicate, o nel migliore dei casi lo strappo patetico di un pezzo di carta igienica scadente quando si stacca dal rotolo rosa o verde.

 

Il terrazzino è il mio parco giochi minimo, appena ottanta centimetri di larghezza – la misura esatta di un tavolino per la colazione – per poco più di tre metri, dove alla cura delle piante ornamentali ho aggiunto adesso una certosina attenzione all’orto solingo, non così muto vista l’allegra compagnia dei molti uccellini spaesati da questo silenzio fermo e irreale e desiderosi di riempirlo coi loro gorgheggi e svolazzi: ho comprato online piantine di pomodori, fragole, fagiolini, cipolle e melanzane; fanno progressi i fragili arbusti nati dai semi di nespole piantati a settembre; ho recuperato al reparto verdura del supermercato il ciuffo spezzato di un ananas, per interrarlo prontamente: salvato e sommerso; spuntano in questi giorni le prime timide foglioline dei girasoli del «seminalibro» di SUR; aspetto notizie dai semi di mela, di pera, di limone: qualsiasi frutto mangi in queste settimane diventa lavoro per il piccolo Cincinnato che mi abita.

 

Cortázar e piantine

 

Seduto al tavolino ho imparato a studiare il lento modificarsi delle giornate: all’inizio del lockdown sorbivo frettolosamente un caffè in piedi, con indosso due maglioni o avvolto da una coperta peruviana, aspettando che a metà della puntata mattutina di Pagina3 (verso le nove e un quarto) un pallido sole spuntasse dal palazzo di fronte. Negli ultimi giorni posso attardarmi in maglietta, e il primo raggio arriva, già convintamente caldo, durante il giornale radio delle 8.45.

 

Nessuno di noi ricorda il testo della legge che impone di raccogliere le foglie secche, ma siamo convinti che a nessuno verrebbe mai in mente che si possa smettere di raccoglierle; è una di quelle cose che risalgono a tempi molto lontani, ai primi insegnamenti dell’infanzia, e ormai non c’è più troppa differenza fra i gesti elementari di allacciarsi le scarpe o aprire l’ombrello e quelli che facciamo raccogliendo le foglie secche a partire dal 2 novembre alle nove del mattino.

 

Quanto alla camera da letto, il diktat dell’arredatore d’interni è stato chiarissimo. Uniche letture concesse prima di dormire: Topolino e Settimana enigmistica. Via lo smartphone, da lasciare – con le sue notizie dal mondo e le terribili conte quotidiane – nell’altra stanza, e cedere al piacere sedativo di rebus e fumetti. Meglio dargli retta, che domani ricomincia il giro del giorno in ottanta metri quadri.

Un certo Julio 1Un certo Julio 2

Si ringrazia l’arredatore d’interni Julio Cortázar per aver gentilmente concesso i brani riportati, tratti da alcune delle sue opere pubblicate da SUR:
cucina: Ultimo round, traduzione di Eleonora Mogavero
corridoio: Disincontri, traduzione di Ilide Carmignani
soggiorno: Correzione di bozze in Alta Provenza, traduzione di Giulia Zavagna
bagno: Un certo Lucas, traduzione di Ilide Carmignani
terrazzino: Il giro del giorno in ottanta mondi, traduzione di Eleonora Mogavero
camera da letto: Un certo Julio. Vita di Cortázar illustrata da Rep, traduzione di Giulia Zavagna.

A presto e buone letture,
Marco

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