Julio-Cortázar

Che torni Cortázar

Alejandro Zambra Autori, Julio Cortázar, Ritratti, SUR Lascia un commento

Se non avete ancora sfogliato Ultimo round di Julio Cortázar, fatevi tentare dalle parole dello scrittore cileno Alejandro Zambra: «Perché forse solo ora siamo pronti per leggere, davvero, Cortázar».
Il saggio, uscito originariamente all’interno della raccolta di crónicas e saggi letterari No leer, viene qui riprodotto per gentile concessione dell’autore. Buona lettura!

di Alejandro Zambra
traduzione di Giulia Zavagna

 

A volte penso che l’unica cosa che abbiamo fatto a scuola sia stata leggere Julio Cortázar. Ricordo di aver fatto compiti in classe su «La notte supina» in seconda, terza e quarta superiore, e ormai non ricordo nemmeno più quante volte abbiamo letto «Axolotl» e «Continuità dei parchi», due racconti che ai professori sembravano ideali per riempire un’ora e mezza di lezione. Non è una lamentela, perché eravamo felici di leggere Cortázar: recitavamo con automatica allegria le proprietà del genere fantastico e ripetevamo in coro che per Cortázar il racconto doveva vincere per knock-out e il romanzo ai punti e che esistevano un lettore maschio e un lettore femmina e tutto quanto il resto.

Sui racconti di Cortázar si è formato il gusto della mia generazione e nemmeno la pressione per le doppie prove di fine quadrimestre ha mai tolto alla sua letteratura quell’aria di attualità permanente. Ricordo che a sedici anni ho convinto mio padre a farmi dare i seimila pesos che costava Rayuela spiegandogli che il romanzo era «molti libri ma soprattutto due libri», quindi comprarlo era come comprare due romanzi a tremila pesos o perfino quattro a millecinquecento pesos ciascuno. Ricordo anche il commesso della libreria Atenea che, quando cercavo Il giro del giorno in ottanta mondi, mi aveva spiegato con pazienza, molte volte, che il libro si intitolava Il giro del mondo in ottanta giorni e che l’autore era Jules Verne e non Julio Cortázar.

Poi, all’università, Cortázar era l’unico scrittore indiscutibile. Per i prati della Facoltà di Filosofia della Universidad de Chile circolavano decine di Oliveira e di Maga, mentre alcuni professori si sforzavano di adottare nelle loro lezioni la distanza speculativa di Morelli. Quasi tutte le scene di seduzione iniziavano, penosamente, con il capitolo 7 di Rayuela («Tocco la tua bocca, con un dito tocco il bordo della tua bocca…»). Che all’epoca era considerato un testo stupendo, e c’era così tanta gente che parlava in glíglico (amalalando il noema, per così dire) che era difficile farsi capire in spagnolo.

Non mi sono mai piaciuti Storie di cronopios e di famas o Un certo Lucas: nel respiro breve di quelle prose giocherellone mancava, per me, la vera ironia. Non credo invece che si possa mettere in discussione la grandezza di «Casa occupata», «Tanto amore per Glenda», «L’inseguitore» e altri venti o trenta racconti di Cortázar. Rayuela, nel frattempo, continua a essere un romanzo stupefacente, nonostante sia vero che spesso ci stupiamo del fatto che ci abbia stupito, perché molti passaggi oggi suonano un po’ vecchiotti o d’effetto. Eppure nel romanzo persistono altrettanti momenti luminosi.

In un recente saggio, lo scrittore argentino Fabián Casas ricorda la sua prima lettura di Rayuela («Tutto era criptico, promettente, meraviglioso») e la sua delusione a posteriori («il libro mi è iniziato a sembrare ingenuo, snob e insopportabile»). È la stessa esperienza provata dalla mia generazione: ben presto abbiamo deciso di uccidere il padre, nonostante fosse un padre libertario e piuttosto permissivo. E sembra che ora invece ci manchi, come dice Casas, alla fine del suo saggio, in un felice slancio sentimentale: «Voglio che torni. Ci vogliono di nuovo scrittori come lui: riusciti, impegnati, belli, sempre giovani, colti, generosi, pettegoli».

Io sono d’accordo: che torni Cortázar. È misterioso il meccanismo attraverso il quale uno scrittore ammirato si trasforma, d’un tratto, in una leggenda da riciclare. Ma le mode letterarie non dipendono mai da letture o riletture reali. Magari adesso che qualcuno spazza a terra con il ricordo di Cortázar, ci pentiamo di averlo rinnegato tre volte. Forse solo ora siamo pronti per leggere, davvero, Cortázar.

Febbraio, 2009

© Alejandro Zambra, 2010. Tutti i diritti riservati.

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