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Sineddoche personale

Jazmina Barrera Scrittura, SUR Lascia un commento

Se vi doveste trasferire in un’altra città, che libri portereste con voi e perché? Jazmina Barrera prova a rispondere a questa difficilissima domanda. Buona lettura!

di Jazmina Barrera
traduzione di Giulia Zavagna

 

Se andassi a vivere su un’isola urbanizzata e potessi portare con te solo una valigia da venticinque chili, che cosa porteresti?

Ogni volta che chiedo ai miei amici che hanno vissuto fuori dal paese che cosa dovrei infilare in valigia mi rispondono due cose diverse:

  • Tutto quello che laggiù sarà carissimo e che non potrai comprare, come il piumone, le lenzuola e i cappotti.
  • Niente, trovi tutto anche laggiù.

Ho delle amiche che si sono portate tantissime medicine, perché chissà di quali ricette avranno bisogno laggiù, perché forse non ci saranno le stesse cose e perché non si fidano delle farmacie straniere. Altre hanno preferito portarsi del mole e del chile piquín, e altre ancora non hanno retto alla tensione di fare una valigia per tre anni e hanno deciso di farla come se fossero tre mesi.

Provo a decidere che cosa mettere in valigia prima di lasciare il Messico per due anni. Lascio la mia stanza quando è finalmente perfetta: c’è la poltrona ideale, il letto migliore di tutti e librerie traboccanti. Ma poiché non mi posso portare quello che in realtà vorrei: la gente, il clima, la mia poltrona, il silenzio della mia strada e un pianoforte, mi rassegno a scegliere tra le cose portatili. L’idea, dicono, è partire con il minimo indispensabile. Non sono ancora riuscita a capire che cosa voglia dire.

Alcune persone, me compresa, lasciano una quantità importante dei loro ricordi e affetti (ovvero, di quello che ci definisce) negli oggetti. Non sono di quelle che accumulano cose insignificanti: tutto quello che c’è, è lì perché scatena il ricordo di una persona o di un momento, o perché è utile o perché mi piace. Fare i bagagli per trasferirsi all’estero implica fare una selezione di tutto ciò che plasma la nostra identità e restare con le cose imprescindibili: una sineddoche personale. C’è chi dirà che tanto ci portiamo con noi i ricordi, e non c’è bisogno di nient’altro. Nel mio caso non è vero. Perché i ricordi pesano, e ho deciso di depositarli man mano in diversi oggetti, che sono quasi tutti nella mia stanza. Ogni giorno, nel trovarmeli davanti, mi ricordano varie situazioni del passato. Con questo metodo non ho più bisogno di tornare continuamente ai miei ricordi, posso confidare nel fatto che resteranno in quegli oggetti mentre io mi occupo di altre cose. E allora come si decide quali ricordi tenere? È qualcosa di simile a un processo di editing dell’identità. Da una parte questo ti permette di controllare, scegliere di nuovo che tipo di persona vuoi dire di essere: sei il tipo di persona che una volta è andata al mare e ha una cartolina, il tipo di persona freddolosa che ha bisogno di dieci coperte. Dall’altra, è come se ti comprimessero, come se selezionare i ricordi piacevoli e quelli più glamour rispetto agli altri (i peluche tutti sporchi, i regali dei tuoi ex suoceri) fosse un processo ipocrita e bugiardo. La mia selezione di libri per il viaggio mi sembra altrettanto ipocrita. Come se lasciare da parte i libri dell’infanzia o i libri che ho detestato in favore di quelli più nuovi ed eleganti mi facesse sbarazzare di qualcosa che, mi piaccia o no, è comunque parte di me.

Non sono mai riuscita a organizzare i miei libri. Sono sempre stata in attesa di alcune librerie che non ho mai ordinato e i libri si sono man mano sistemati sugli scaffali come vicini aleatori in un condominio del quartiere del Valle di Città del Messico. Ma ora che ripasso davanti alle librerie vedo i libri nell’ottica di una nuova classificazione. Penso alla lista che fa Calvino in Se una notte d’inverno un viaggiatore sui tipi di libri che si trovano nelle librerie. Tra gli altri menziona: i libri che non hai letto, i libri che hai intenzione di leggere da molto tempo, i libri che si riferiscono a qualcosa che ti interessa in quel momento, i libri che vuoi tenere a portata di mano tanto per, i libri che ti ispirano una curiosità repentina, frenetica e non chiaramente giustificabile, i libri letti così tanto tempo fa che sarebbe ora di rileggerli, i libri che hai sempre finto di aver letto mentre sarebbe ora che ti decidessi a leggerli davvero.

Mi sembra praticamente impossibile scegliere tra queste opzioni. D’un tratto ogni libro mi sembra indispensabile (anche se io ancora non lo so). Dovrei portarmi i libri che non ho ancora letto e che sono nella mia lista d’attesa?, i miei libri preferiti o quelli che ai quali so che vorrò tornare?, i libri in spagnolo che avrò più difficoltà a trovare laggiù?, quelli che mi serviranno per lavoro?, tutte le precedenti risposte?

A volte mi sembra che ci sia un’opzione più sensata: non portarmi nulla. Solo il Kindle? O niente di niente, alla fine dicono che laggiù le biblioteche siano magnifiche e in ogni caso si può trovare tutto online. Ogni libro che mi porterò, tra l’altro, è una giacca in meno, un asciugamano o una federa in meno.

Non so perché ho tanta paura di abbandonare la mia biblioteca, ma credo che, così come sono solita depositare i ricordi nei miei oggetti, nei miei libri lascio, oltre a evocazioni del libro stesso, idee. Ogni volta che riguardo anche solo il dorso dei miei libri rivivo brevemente i pensieri più importanti che sono sorti durante la lettura. Non sono mai stata una di quelle persone in grado di memorizzare delle citazioni, perché ho sempre avuto i libri a portata di mano, potevo sempre riaprirli e consultarli. Mi terrorizza il pensiero che, lasciandoli andare, svanisca tutto quello che non sono riuscita ad assimilare e a comprendere tra le loro pagine.

Se andassi a vivere su un’isola solo mediamente organizzata e potessi portare con te solo dieci libri (alla fine questa mi è sembrata la cifra più prudente), quali sarebbero?

Questi sono i dieci libri che ho portato con me:

  1. Il lago, di Yasunari Kawabata
  2. Alzate l’architrave, carpentieri e Seymour. Introduzione, di J. D. Salinger
  3. Red Doc, di Anne Carson
  4. Muerte por agua, di Julieta Campos
  5. The light between oceans, di M. L. Stedman
  6. Tiene la noche un árbol, de Guadalupe Dueñas
  7. Diario di New York, di Peter Kuper
  8. El libro vacío, de Josefina Vicens
  9. Estinzione, di Thomas Bernhard
  10. Meditations in an emergency, di Frank O’Hara

 

 

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